1 Crocifisso tempera oro a foglia su tavola sagomata Chiesa della SS. Trinità 2004 2

CERTALDO - Nella prestigiosa sede del Palazzo Pretorio di Certaldo è in corso la mostra del pittore Luca Macchi. Le sue opere ricostruiscono il percorso degli ultimi dieci anni della sua attività artistica.
La mostra, che resterà aperta fino al prossimo 19 giugno, è stata realizzata con il patrocinio del Comune di Certaldo, della Regione Toscana, della Città Metropolitana di Firenze, dell’Unione dei Comuni Empolese Valdelsa, della prestigiosa Accademia delle Arti del Disegno di Firenze e sponsorizzata dalla Carismi di San Miniato.
Questa mostra offre l’occasione per conoscere il lavoro di un’artista sempre alla ricerca di nuove soluzioni nel campo della pittura e con una profonda vena lirica. Un motivo in più per una sosta e una visita ad uno dei luoghi più suggestivi della Toscana. Una riflessione su un aspetto del sacro non solo per i pellegrini che percorrono la Via Francigena verso Roma nell’anno del Giubileo della Misericordia.
Il viaggio, come scrive Giuliano Scabia nel testo in catalogo, è sì attraverso le sale della mostra, ma anche attraverso gli anni di lavoro. Quello di Palazzo Pretorio si dimostra un percorso quanto mai congeniale, suddiviso in sale che ospitano alcune serie di lavori dal titolo significativo.


Percorso il cortile interno e salita la scala entriamo nella prima sala, inizio della mostra con i Fiori del Magma. Realizzati tra il 1999 e il 2002 i fiori del magma nascono dal caos primordiale per elevarsi verso l’azzurro del cielo e sbocciare nell’oro a foglia.
Nella seconda sala sono le opere della Gemmazione. Melanconia del 1997, tema ripreso nel 2002 in Melanconia II, opera di notevoli dimensioni. In entrambe è sempre la foglia d’oro che fa assurgere al cielo gli esili rami degli alberi, protesi verso l’alto, alla ricerca di una elevazione spirituale. Il suo è un costruire un "fondo" fatto di vecchi manoscritti, di segni del tempo sul quale intervenire pittoricamente.
Il "viaggio" continua nelle sale dove questi lavori appaiono come in uno spazio naturale. La terza sala ospita quelle opere dal titolo Le Tavole della Luce. Questa serie di lavori sono state definite da Cinzia Folcarelli, curatrice della mostra che Macchi tenne nel 2012 a Roma, "degli stargate che mettono in comunicazione il terreno e il divino, attraverso la sublimazione di una luce ipnotica". Le Tavole della Luce, realizzate nei primi anni duemila, vedono appunto l’uso di brani di antichi codici che accentua ancor di più il carattere di sacralità delle opere. Nella sala raffigurato con la stessa iconografia è Orfeo, figura ricorrente nei suoi lavori. Orfeo, assimilato all’iconografia di Cristo in epoca paleocristiana per il suo viaggio negli inferi, prefigurazione della morte e resurrezione, viene raffigurato da Macchi come tramite tra cielo e terra, in opere sofferte, stratificate, combuste. Un senso del sacro pervade tutta l’arte di Macchi, che è in realtà Arte Sacra. "Una religiosità che si rende evidente - ha scritto Marco Lapi che ha visitato la mostra - e che accompagna e forse determina il percorso verso il crescendo di luce degli ultimi anni"
Esposta nella quarta sala è la cartella di acqueforti Nel Segno, La Parola - Immagini dal Libro dell’Apocalisse con la prefazione di Mario Luzi dove di Macchi scrive "Il grande tema visionario non lo ha sconvolto ed egli vi ha attinto ciò che la sua personalità poteva tradurre in forme chiare ed innocenti, eppure sapientemente iniziatiche. Effetti benefici, credo, del raccoglimento, della pazienza, della riflessione che dopo gli antichi maestri sono divenuti sempre più rari, ma ancora, con felice sorpresa, talora si danno. La cartella, stampata per il Giubileo del 2000 fu donata a San Giovanni Paolo II.
Il segno e la meditazione sul Libro dell’Apocalisse hanno segnato nel lavoro di Macchi il passaggio alla successiva serie "Le mura di Orfeo". Di questa serie Giuliano Scabia scrive "L’oro e l’azzurro - deposti vicini con gentilezza e silenzio - sembrano stare in dialogo segreto, a suggerire una salita, un’ascesa e ascesi." Sono alcune opere che Macchi realizza a partire dal 2008. Le mura sono segno di costruzione armonica verso l’azzurro del cielo. Su questa serie di opere così si è espresso il regista e critico Dante Fasciolo: "Nelle mura si spalancano finestre su di un arcano mondo metafisico. Ecco allora emergere ripetutamente "il mito di Orfeo", l’incarnazione di valori eterni: l’amore, la musica, la poesia e viepiù l’arte scultorea e pittorica, momenti preganti accompagnati da un tessuto filosofico che in qualche modo si fa culla poetica del cristianesimo primitivo. E questi valori si sommano nelle tele di Macchi con maestria e conoscenza: da scultoree finestre affacciano santi, poeti e pittori variamente accoppiati, consapevolmente uniti."
Si arriva così alla grande sala che ospita "La Zattera della Pittura e della Poesia", suggestiva installazione che rappresenta la salvezza dell’uomo, - scrive Andrea Mancini nel catalogo -. Figure che vengono direttamente dagli alti misteri. Portatori di luce, portatori di arte, portatori di poesia. È il mito del viaggio e della preparazione al viaggio, avendo cura di portare con se un bagaglio di sensazioni e ricordi. E ancora Giuliano Scabia scrive "Nell’oro che Luca usa con delicatezza c’è il filo (pittorico) del suo dialogare col mito - il viaggio della zattera, la testa di Orfeo, il muro, l’uomo albero, i cipressi (magici), il gemmare, le aperture di luce. Il "viaggio" di ognuno verso un mondo dove regnano l’Arte e la Poesia. Davanti a questa installazione i numerosi visitatori della mostra usano farsi fotografie. Alludendo forse ad essere parte del viaggio.
L’ultima stanza ospita i dipinti più recenti. Il poeta canta, la sua parola è fiorita e il suo fiorire ci trasporta in un luogo mitico che è il luogo dove viviamo. Tra l’altro in queste opere - di forte impatto espressivo - la tela o il legno si dimostrano insufficienti e Macchi li estende sui lati, li allunga, li alza, in un lavorio di grande suggestione. La visione mi pare ottimistica ed è proprio questa l’immagine ultima che vorremmo offrire. Mancini a conclusione del testo nel catalogo scrive: "Non voglio parlare di nuovo della fede che traspare dalle opere di Macchi, voglio invece parlare di una visione positiva del mondo, di una fiducia nell’uomo e nelle sue possibilità, di una fiducia soprattutto nella natura. Luca riesce a fermare il dramma, o lo esclude dalle sue opere, e quando lo rappresenta lo blocca in un’immagine che guarda sempre ad altro, verso un cielo che è azzurro, così come l’erba è verde e il magma è magma, ma dal magma viene sempre fuori un fiore, un albero, una foglia d’oro, un segno di armonia.
Luca Macchi, Immagine del mito, Palazzo Pretorio di Certaldo, fino al 19 giugno. Aperta tutti i giorni 9,30 - 13,30 / 14,30 - 19.

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