SAN MINIATO - Non ere geologiche fa ma appena quattro o cinque anni or sono, affrontando il tema dell’omosessualità e del movimento gay nel corso di bioetica alla Scuola teologica, mi trovavo di fronte a studenti che sorridevano divertiti. Eppure il problema non mi sembrava tale da poter essere accantonato con una scrollata di spalle e un risolino di scherno. Ce ne stiamo rendendo pienamente conto oggi. Da qualche mese, infatti, una buona fetta dei mezzi di comunicazione, dei movimenti politici e dell’associazionismo, delle agenzie educative e dell’opinione pubblica si è scoperta improvvisamente gay friendly.

Tra le rivendicazioni del movimento Lgbt (lesbian gay bisex trans), c’è quella delle nozze gay, cioè di un’estensione dell’istituto del matrimonio alle coppie omosessuali. Prospettiva che fino a poco tempo fa pareva al di fuori dell’orizzonte politico e che adesso gode di una inaspettata convergenza. Sette anni fa, con il progetto naufragato dei Pacs o Dico, c’era stato il tentativo di introdurre una forma di simil matrimonio per le coppie conviventi. Nessuno allora ammetteva che le coppie eventualmente interessate a una simile soluzione sarebbero state prevalentemente quelle omosessuali, dato che la Costituzione italiana prevede già per i conviventi eterosessuali la possibilità di sposarsi.
In questi giorni si parla invece di una legge sul “partenariato civile” che, rifacendosi al modello tedesco, prevede una sorta di matrimonio speciale per le coppie omosessuali, ma non per gli eterosessuali. Non entriamo nel merito della legittimità di questa richiesta, sulla quale auspichiamo che ci sia una discussione democratica. I fatti delle ultime settimane però non lasciano ben sperare da questo punto di vista. Tra violenze di piazza e insulti contro chi la pensa diversamente e atti scomposti di disobbedienza da parte di chi, per il proprio ruolo, dovrebbe avere un minimo di senso istituzionale, quello che manca è proprio il libero confronto democratico.
Vorrei soffermarmi sul fenomeno senz’altro più peculiare e preoccupante, quello dei sindaci “ribelli”. Alcuni sindaci, con un gesto dimostrativo che li ha portati all’agognata ribalta mediatica, hanno deciso di trascrivere nei registri comunali i matrimoni contratti da coppie omosessuali all’estero. In questo modo i sindaci hanno contravvenuto alla normativa vigente, al punto che il ministro dell’Interno è dovuto intervenire ordinando la cancellazione di tali trascrizioni. Si è assistito in seguito a una surreale querelle tra sindaci e prefetti e all’interno dello stesso governo.
In un paese democratico, le leggi le fa il parlamento e fintanto che non esiste una legge in merito, non si può agire d’arbitrio su materie che ancora sono sottoposte a discussione. I sindaci “disobbedienti” quindi hanno dimostrato ben scarso senso istituzionale e ben poco rispetto per i cittadini del proprio territorio. Forse si sono dimenticati, questi signori, che sono stati eletti per essere sindaci di tutti i cittadini e non soltanto di una parte? Dal momento che tra i cittadini ci sono anche quelli – e parecchi – che in merito hanno pareri diversi dal sindaco, questi, per rispetto, dovrebbe astenersi da azioni lesive di tali pareri, fintanto che il parlamento non abbia democraticamente deciso

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