DAL TERRITORIO - Chi non ha un account di Facebook oggi? Io direi in pochi, se non in pochissimi. Molti lo usano per condividere i propri interessi, altri come album di ricordi delle vacanze, dei viaggi, dei luoghi che hanno visitato. Si comunica e si socializza con persone che fisicamente non sono presenti ma condividono nostri pensieri e interessi tramite un like o condividendo cose a noi comuni. Per molti può essere un mezzo efficace per scoprire nuove cose e conoscere più persone che ti offrono delle opportunità. Ma non tutto è così florido. Condividendo e postando foto su questa piattaforma si perdono dei valori di condivisione familiare che si avevano in precedenza: il bello di mostrare un album di ricordi personali solo a poche persone fidate durante una cena o un ritrovo a casa di amici; il bello di raccontare le avventure passate dietro quello scatto e ridere o essere preoccupati insieme, guardandosi e interagendo fisicamente, sta ormai scomparendo.

Adesso è più facile condividere foto sui social, affinché tutti le vedano. Ma chi le vede? Con chi vengono condivise? Amici, parenti, certamente. Ma ci sono anche persone che non sappiamo chi sono o sono semplici conoscenti. Non si ha più una presentazione di sé, ma piuttosto, si tende a mostrare il nostro lato migliore, quello che tutti vorrebbero invidiare: viaggi, serate in discoteca, uscite con gli amici. Tendiamo a postare in diretta ciò che stiamo facendo, dire dove siamo, far sapere tutto agli altri in tempo reale. Prima il “tempo reale” non esisteva, a causa dello sviluppo fotografico in laboratorio, ma sopratutto le 12, 24 o 36 foto a disposizione nel rullino, non venivano certamente usate per fotografare il cibo o quant’altro ci sia di superficiale, si usavano piuttosto per immortalare attimi di vita familiare, da mettere poi nel “reliquiario” di famiglia. Ad oggi, prima con le macchine ‘usa e getta’ della Kodak e poi con i dispositivi cellulari aventi la fotocamera, le foto possono venire usate per fotografare qualsiasi cosa si abbia a disposizione, e se non ci piace semplicemente la si può cancellare e farla nuovamente. Se siamo soddisfatti dello scatto allora possiamo condividerlo tramite social con chiunque. Alterare la percezione di noi stessi, creare un alter ego, mostrarci per ciò chevogliamo essere e non per chi siamo veramente. Facilissimo. Molti che sono insoddisfatti della propria vita reale si rifugiano dietro un account mostrando solo ciò che si vuol far vedere per sentirsi “come tutti gli altri”. Ostentare la propria immagine, cercare di rendere invidiosi gli altri attraverso le foto, come a dire “anche io posso permettermelo” cercando l’approvazione dietro a dei like. Molti pubblicano la foto del nuovo cellulare all’ultima moda, di una valigia per dire che si parte o di una macchina costosa. Si cerca l’approvazione di uno status sociale che in realtà non abbiamo. Si cerca di essere approvati da una società di persone che fisicamente non esiste ma che sta solo al di là di uno schermo. Essere amici di tutti e non esserlo di nessuno. Ecco cosa ha portato Facebook. Avere 2000 amici sul social, ma ritrovarsi il sabato sera da solo o uscire sempre con i pochissimi amici che si hanno nella realtà, ma comunque sia postare foto così da far sapere che anche noi usciamo e facciamo le cose da “fighi” come tutti gli altri. Allora c’è da chiedersi se quelli che appariamo siamo davvero noi stessi, o se siamo solo il frutto di una società che cerca un’approvazione virtuale. Meglio avere tanti amici sui social o pochi ma reali? Meglio essere socialmente popolari o essere semplici ragazzi anonimi? Meglio mostrarsi sui social per come si è rischiando di non essere accettati o crearsi un alter ego? Facebook, Youtube, Flickr, sono tutti siti di hosting, che non si propongono come sistema di archiviazione ma piuttosto trasformano le immagini in punti di condivisione e conversazione. Come dice Federman, apparteniamo, oggi, ad un mondo di "publicy", cioè a metà tra “public” e “privacy”. Mettere in rete se stessi e la propria sfera privata. Far entrare nella propria intimità chiunque, anche chi non conosciamo di persona, siamo una comunità non più “collettiva” ma “connettiva”. Ma cosa succede se dovessimo perdere una password, se ci fosse un aggiornamento non più compatibile o se il nostro computer smettesse di funzionare? Anni e anni della nostra vita, milioni di foto, ricordi e attimi, andrebbero perduti in meno di un secondo. «E’ più probabile che il nostro computer si bruci, piuttosto che l’armadio dove conserviamo i nostri ricordi vada improvvisamente a fuoco» ed è vero; come è anche vero il fatto che delle milioni di foto archiviate nel computer non ci verrà mai la voglia di rivederle, se non perché ne abbiamo bisogno per qualcosa. Come diceva un ragazzo che conosco: «L’amico è colui che ti viene a citofonare, non quello che ti invia un poke».

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