Squicciarini

«Come tu mi vuoi io sarò, dove tu mi vuoi io andrò. Questa vita io voglio donarla a Te, per dar gloria al tuo nome mio Re». Queste sono le parole di uno dei canti che più spesso abbiamo intonato durante le celebrazioni e i momenti di preghiera nel corso del pellegrinaggio in Terra Santa che si è concluso lo scorso 12 agosto e subito, appena mi è stato chiesto di mettere nero su bianco le mie impressioni rispetto a questa esperienza, sono state le parole che mi sono sembrate più adatte a descriverla, o quanto meno a riassumerla.  Il pellegrinaggio in Terra Santa, organizzato dalla Pastorale Giovanile della nostra Diocesi, è stato per me una scommessa;

la mia iscrizione, avvenuta inizialmente per "dovere", si è trasformata in una scelta ben precisa, forse una delle più risolute della mia vita, e sono grato a Dio per non aver cambiato idea durante tutto il periodo che ha preceduto la partenza. Una partenza arrivata dopo un intenso periodo lavorativo, attesa con ansia e non poche preoccupazioni, legate soprattutto al fatto di non aver avuto modo di conoscere troppo bene i miei compagni di viaggio. Volare verso la Terra Santa, andare dove Dio ha voluto che andassi, significava compiere un viaggio nella terra del Santo, la terra di Gesù, il luogo scelto da Dio, un luogo dove è inevitabile fare i conti con la propria fede, con quello che significava credere, un luogo dove sapevo di dover fare il punto sul rapporto tra me e Dio.
Non restava altro che fidarsi ed affidarsi a Dio e alle nostre preziose guide, il nostro vescovo Andrea e fra Matteo Brena, che fin da subito ci hanno fatto entrare nel mistero di questa terra, un mistero fatto di spazi desertici, suoni, profumi, colori, corsi d’acqua che si nascondo tra le rocce, basiliche, accampamenti, rovine di antiche civiltà, sole, tanto sole, e persone. Percorrere la Terra Santa da sud a nord, passando per il Mar Morto, Gerico, Betlemme, Gerusalemme, Cafarnao, Nazareth, fino al Lago di Galilea è stato come dare corpo alle basi del mio credere: potersi muovere negli spazi che sono stati quelli nei quali Gesù ha proclamato la parola del Padre, fermarsi a riflettere e a pregare negli stessi angoli dove Gesù ha pregato, pianto, sofferto e dove si è sacrificato per noi è stata un’esperienza toccante e catartica.
Avere avuto l’occasione di ritirarsi in preghiera nell’orto degli Ulivi, il momento forse più toccante di tutto il mio pellegrinaggio, insieme alla visita alla Piscina Probatica di Betzaeta, è stata l’occasione per capire che tutto ciò che io sono, così come tutto ciò che io sarò, lo devo e lo voglio donare al Signore, in modo da dare Gloria al suo nome: Gesù non è venuto per salvare i "perfetti", ma per chiamare a sé chi vive nella sua imperfezione, nei suoi dubbi e nelle sue paure.
Aver vissuto questo pellegrinaggio in Terra Santa è stata l’occasione per inventariare tutte le mie "povertà" e capire quanto l’amore di Gesù, di Dio, sia grande: tanto grande da accogliere e trasformare queste mie povertà in ricchezza di fede.
Forse, potrebbe dire qualcuno, non c’era bisogno di arrivare così lontano, in un Paese "a rischio", per capire queste cose ma, ora mi sento di dirlo davvero, in Terra Santa c’è qualcosa di diverso, qualcosa che forse si capisce e si apprezza solo tornando a vivere la vita di tutti i giorni. In Terra Santa si respira un’aria strana, si respira quella "santità umana" che doveva contraddistinguere Gesù nel corso della sua vita, si respira in alcune opere di misericordia presenti sul territorio e che le nostre guide ci hanno permesso di visitare e conoscere, si respira, per assurdo, nella difficoltà di far convivere nello stesso fazzoletto di terra persone che professano fedi religiose differenti e vivono culture diverse tra loro. Proprio qui, a mio avviso, sta il fascino e l’insegnamento più grande che mi porto a casa da questa esperienza: non si deve aver paura di essere uomini, di essere deboli, di essere peccatori, però dobbiamo avere il coraggio di fidarci e affidarci totalmente nelle mani di Dio, un Dio che in Terra Santa è sceso fino alla nostra condizione umana e che lo ha fatto solo per noi.

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