amicizia

Sarò sincera: quando mi è stato chiesto di scrivere una testimonianza su che cosa è stato per me il pellegrinaggio in Terra Santa, lì per lì volevo rifiutare: ritenevo difficile, non essendo una grande scrittrice, poter riportare per scritto le sensazioni provate, i luoghi visitati, i volti delle persone incontrate e i sorrisi di quelle che hanno percorso con me questo cammino. Poi però ho deciso di provarci, sia mai che qualcuno leggendo anche le mie parole si convinca ad andarci. E dunque: cos’è stato per me il pellegrinaggio in Terra Santa?


Prima di tutto, la Terra Santa è una terra. Sono luoghi bellissimi e nuovi ai miei occhi: non appena siamo scesi dall’autobus per vedere l’alba nel deserto sono stata invasa da una sensazione che mi sono portata dietro per tutto il pellegrinaggio, ovvero la percezione che questi posti così belli e inusuali portino in sé una bellezza altra, completamente fuori dagli schemi a cui siamo abituati. Una bellezza che non è soltanto per gli occhi, ma che ha da dire qualcosa a me, che riguarda la mia storia: una bellezza per il cuore.
Questa Terra è, inoltre, Santa. E mai aggettivo sarebbe potuto essere più appropriato. Tale santità la si percepisce ovunque: negli edifici in cui ci si imbatte, nell’atmosfera che si vive, negli occhi delle persone. Per un cristiano tutto questo acquisisce un senso diverso nel momento in cui al pellegrino è data la possibilità di camminare, abitare, pregare, piangere negli stessi luoghi in cui ha camminato, abitato, pregato e pianto Gesù. Ciò ha acquistato ancora più valore nel momento in cui abbiamo potuto leggere i passi del vangelo relativi ai luoghi che stavamo visitando e ascoltare le catechesi della guida, seguite spesso da momenti di riflessione personale in silenzio, attività che sono servite a creare un continuo "canale" tra il vangelo e la nostra vita. Questi momenti sono stati per me preziosissimi.
È stato bello inoltre realizzare che è proprio in questa terra dagli equilibri fragilissimi, teatro di enormi tensioni, che Dio ha deciso di mandare Suo Figlio. Mi ha colpita molto il fatto che per entrare nella Basilica della Natività a Betlemme c’è una porta alta poco più di un metro, detta Porta dell’Umiltà, che fa sì che per entrare ci si debba necessariamente abbassare. Proprio come ha fatto Dio: per entrare nel mondo e venirci incontro ha scelto di abbassarsi e farsi uomo come noi. Betlemme è l’emblema della semplicità. Apparentemente poco interessante agli occhi di un turista occidentale, custodisce in sé molte situazioni di fragilità, quella fragilità caratteristica di molti dei luoghi in cui Dio si manifesta. Proprio qui abbiamo potuto toccare con mano la debolezza che ancora oggi questa cittadina conserva, andando a visitare due luoghi per persone "scartate" dalla società: una casa per anziani della Società Antoniana, in cui abbiamo potuto incontrare due collaboratori di ATS (associazione che supporta i progetti caritativi della Custodia di Terra Santa), e l’orfanotrofio Hogar Niño Dios, un asilo per bambini disabili. Il confronto con i collaboratori ci ha dato un quadro ben preciso delle difficoltà e delle preoccupazioni vissute dagli abitanti della città, certamente alimentate anche dalla presenza del muro di separazione creato dallo stato israeliano all’inizio di questo secolo. Un muro lungo il quale abbiamo potuto recitare un rosario chiedendo l’intercessione di Maria per la pace e di fronte al quale ognuno di noi non ha potuto far altro che interrogarsi sulla situazione che questa terra sta vivendo.
Ci siamo poi diretti a Gerusalemme, dove mi ha stupita lo scoprire come la cristianità non si sia imposta né nei numeri (i cristiani cattolici a Gerusalemme sono la religione meno rappresentata) né nei luoghi della morte e risurrezione di Gesù, fondamenti della nostra fede. Lo si percepisce molto bene entrando nella Basilica del Santo Sepolcro, la cui proprietà è divisa tra le varie confessioni cristiane.
Sul lago di Tiberiade infine, abbiamo potuto abitare i luoghi in cui Gesù ha vissuto, operato miracoli, chiamato gli apostoli a seguirlo, e abbiamo così potuto concludere il pellegrinaggio interrogandoci sulla nostra relazione con Dio, nella consapevolezza che l’importante non è che sia una relazione "al top", ma che sia vera. Dio non si scandalizza: a Pietro - che lo ha rinnegato tre volte ma che sulle sponde di questo lago ha avuto il coraggio di mettersi a nudo davanti alla domanda di Gesù, «Pietro, mi ami tu?» - viene affidata la Chiesa.

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