DALLA DIOCESI - Nelle storie di questi bambini speciali, come del resto in tutte le storie di bambini, la favola comincia con la scoperta di un piccolo cuore che batte. Tutte le vite si manifestano così, su un piccolo schermo in una stanza al buio, con un puntino bianco che pulsa. L’emozione, la gioia, le aspettative. I quel frangente non si pensa, non si può, a tutte le variabili che potrebbero rendere odioso quel ricordo. Le sindromi, le malformazioni, le centinaia e centinaia di casualità che potrebbero rovinare la vita di quella creatura e di chi la sta guardando per la prima volta. Di solito passano 9 mesi e la storia di quei bambini speciali, se arrivati a traguardo, vira decisamente.
In che modo? «Spesso la comunicazione della diagnosi, in particolare per la sindrome di Down, viene fatta nei corridoi, fuori dal reparto, addirittura una paziente mi ha raccontato di essere stata bloccata nel parcheggio dell’ospedale». Elide Ceragioli, neuropsichiatra dell’ex Asl 11 che da oltre vent’anni segue i ragazzi affetti da trisomia 21 che nascono nel nostro territorio, spiega come nasce, e a volte come non nasce, una famiglia Down.
«Purtroppo in molte coppie manca un serio percorso alla genitorialità. Al di là delle carenze di comunicazione riguardo al problema, c’è una mancanza anche delle coppie che spesso arrivano impreparate alle possibilità che inevitabilmente ogni gravidanza porta con sé». «Solo alcuni giorni dopo la diagnosi e con l’incontro con uno staff di medici specializzati – afferma ancora la neuropsichiatra – comincia a manifestarsi l’idea che inizia un nuovo viaggio, sicuramente diverso da quello che ci aspettava».
Un viaggio che però risulta essere difficoltoso anche per la mancanza di fondi: «In questo momento l’azienda non ha un budget dedicato a progetti speciali per bambini Down. Quello che siamo riusciti a fare lo dobbiamo all’associazione dei genitori di bambini con handicap "Noi da grandi", che da oltre 10 anni si occupa di promuovere percorsi d’assistenza a bambini e famiglie, ovvero garantire uno spazio di cura e supporto che va oltre quelli garantiti istituzionalmente - afferma ancora la Ceragioli - che prevede l’impiego di eccellenze nel campo della cura psicofisica dei ragazzi Down e affetti da altre patologie».
Le famiglie sono schiacciate dalla diagnosi. Dopo non c’è futuro. Le madri sono soffocate dal senso di colpa, i padri oppressi dal peso insopportabile di una notizia da custodire e gelosamente fino al momento giusto. «I genitori mi raccontano delle spiegazioni riguardo il futuro del bambino: un elenco delle problematiche e alle patologie a cui andrà incontro il ragazzo o ragazza Down. Purtroppo non viene dato spazio alla speranza e alla reale possibilità di futuro che possono avere i Down, informando semplicemente i genitori che in pratica molte malattie legate alla sindrome possono essere curate piuttosto facilmente e i progressi che possono fare questi bambini, se seguiti fin da subito e supportati nel loro percorso, sono incredibili».