DAL TERRITORIO - Esiste a Ponte a Cappiano una conceria, la «Vecchia Toscana», eccellenza a livello mondiale, che una volta a settimana offre ai suoi dipendenti, al termine dell’orario di lavoro, la possibilità di intrattenersi per un momento di approfondimento e meditazione sulla parola di Dio. Un lasso di tempo per piallare ansie e frenesie che gli impegni seminano come scorie nella vita di tutti i giorni. Si tratta di una vera e propria Lectio divina, guidata dal parroco don Castel Nzamba, che nel tempo ha prodotto effetti importanti, non solo e non tanto nella vita di chi vi partecipa, ma anche e soprattutto a livello sistemico-aziendale, per l’accresciuta consapevolezza maturata nei dipendenti di appartenere ad un’autentica comunità lavorativa, fattore che ha generato a cascata maggiore coesione, armonia e solidarietà tra di loro.
Anche coloro che non vi partecipano si sono accorti di questo cambiamento e ne hanno felicemente beneficiato nel loro impegno quotidiano. Le parole di don Castel, che abbiamo ascoltato per una intervista-testimonianza, lasciano intravedere una realtà in cui è bello lavorare e far parte: «Si tratta di una esperienza iniziata circa tre anni fa dai missionari Identes padre Angelo e padre Tommaso. Gli incontri avevano però un andamento discontinuo a causa dei molti impegni di questi sacerdoti. Quando sono diventato parroco di Ponte a Cappiano, circa un anno e mezzo fa, mi è stato chiesto di ripristinare in modo stabile questo appuntamento. Ci ritroviamo per questa Lectio divina tutti i lunedì dalle 17 alle 19 all’interno dell’azienda, subito al termine dell’orario di lavoro. Siamo ogni volta circa 25 persone, tra operai, dipendenti, titolari dell’azienda e membri della comunità Identes.
La scelta di «Vecchia Toscana» come luogo di meditazione e approfondimento biblico è avvenuta naturaliter, grazie alla vicinanza del titolare, Valerio Testai, al movimento Identes. L’obiettivo è quello di fare dell’azienda un luogo comunitario, luogo di fraternizzazione e collaborazione tra figli di Dio.
Ogni volta meditiamo un capitolo progressivo della Bibbia. Si tratta di un percorso che è partito proprio dal primo capitolo della Genesi con l’obiettivo di arrivare all’ultimo del Nuovo Testamento. Una volta che avremo terminato questo scandaglio su tutta la Parola di Dio, vorremmo riprendere da capo per un approfondimento ancora ulteriore. Iniziamo (e terminiamo) la lectio divina sempre con una preghiera che intono io stesso. Poi c’è la lettura comunitaria del brano biblico. Seguono almeno dieci minuti di meditazione individuale, silenziosa e a seguire la condivisione di gruppo su ciò che ha più colpito. È a questo punto che vengono chiariti dubbi e difficoltà di comprensione e il mio compito in questa fase è di coordinare e orientare il lavoro rispondendo alle domande, con il proposito di calare la Parola nella concretezza della vita di ognuno.
Si tratta di una bellissima esperienza, perché quando siamo lì non ci sono più operai, dipendenti o titolari. Siamo tutti fratelli e amici nella condivisione della Parola di Dio che è Padre di tutti. Questo se ci pensiamo è bellissimo: la Parola ci mette in comunione e in contatto, creando fratellanza e fiducia. Fiducia dei lavoratori nella persona del capo e viceversa. Davvero si inverano le parole di san Paolo della lettera ai Galati: "Non c’è Giudeo né Greco, né schiavo né libero né maschio né femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Gal 3,28). Per quel che so io, la nostra esperienza è stata conosciuta, applaudita e voluta anche da altre realtà lavorative. Conosco ad esempio a Santa Croce un’azienda che ha iniziato un percorso analogo».
Le parole di don Castel gettano poi una luce anche su quello che dovrebbe essere l’impegno di ogni sacerdote riguardo alla pastorale del lavoro, che per il parroco di Ponte a Cappiano rappresenta a livello sociale un impegno decisivo e irrinunciabile: «Ogni prete dovrebbe impegnarsi in questo campo, perché il lavoro è un punto importante di fraternizzazione, socializzazione e soprattutto di cristianizzazione. Come credenti in Cristo non possiamo rinunciare ad evangelizzare i luoghi di lavoro, non solo con il nostro fare ma anche e soprattutto con il nostro essere».
Viene in mente un’altra bella realtà lavorativa, ancora una volta un’eccellenza del nostro settore conciario, stiamo parlando dell’Incas di Castelfranco che ogni anno nel tempo di Quaresima invita il nostro vescovo Andrea a celebrare Messa nei locali della fabbrica. L’appuntamento si è rinnovato proprio nei giorni scorsi per il quarto anno consecutivo e monsignor Migliavacca ha potuto nuovamente ritrovarsi con operai, dipendenti e loro parenti e amici. Un momento bello e di grande significato che ha messo insieme circa 350 persone.
Nell’introdurre e spiegare il rito dell’offertorio, il nostro presule si è così rivolto ai lavoratori: «All’offertorio, presentando le offerte (del pane e del vino - ndr), si dice che sono “frutto del lavoro dell’uomo”. Allora se siamo in un luogo dove si distende il lavoro dell’uomo vuol dire che qui matura davvero quel frutto che possiamo presentare all’altare […] invocando la Misericordia di Dio»
Proprio all’inizio di marzo sottolineavamo sul nostro settimanale come il nostro vescovo è riuscito in questi anni a costruire col mondo degli imprenditori e dei lavoratori del nostro territorio un rapporto di amicizia, attenzione e talvolta guida e consiglio. Un impegno a tutto campo, nel quale sono profuse le migliori energie della nostra Chiesa locale, col dichiarato auspicio di aiutare a far fiorire nel microcosmo lavorativo nostrano, quell’umanesimo cristiano di cui tanto hanno bisogno di essere contagiate tutte quelle prassi produttive ancora oggi modulate sull’esclusiva logica del profitto.