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SAN MINIATO - La memoria dei Caduti della Grande Guerra si intreccia alla vita politica, civile e religiosa del tempo. Non poteva essere diversamente: la vittoria italiana riportata sull'Impero Asburgico sancì il raggiungimento della definitiva unità nazionale, ma il tributo in termini di vite umane fu altissimo. Per dare un'idea, nel solo Comune di San Miniato – che all'epoca contava circa 21.000 abitanti – stando ai dati ufficiali persero la vita 456 persone (in combattimento, ma anche per malattia e compresi i dispersi). Anche la Chiesa, attraverso i sacerdoti, ma anche e soprattutto come istituzione presente in ogni comunità, dalla città fino alle piccole borgate sparse nelle campagne, si adoperò per ricordare e coltivare la memoria di quei giovani, alcuni addirittura appena diciottenni, ma anche di molti padri di famiglia, che non fecero ritorno dai propri cari.


A tre mesi dal termine del conflitto bellico (il 4 novembre 1918 venne concluso l'armistizio fra Italia e Austria), il 2 marzo 1919 si tennero in Duomo i solenni funerali in suffragio di tutti i Caduti sanminiatesi. La cerimonia, presenziata dal Vescovo Carlo Falcini, fu organizzata dal Capitolo dei Canonici della Cattedrale in concorso con il Municipio. La prima grande iniziativa pubblica in memoria dei Caduti si tenne solamente due anni più tardi, il 4 novembre 1921, in occasione dell'arrivo della salma del Milite Ignoto presso l'Altare della Patria a Roma. Quel giorno a San Miniato si tenne un'imponente sfilata di autorità e associazioni per le strade della città. In ogni parrocchia vennero suonate le campane “a gloria” e Mons. Carlo Falcini celebrò una Messa solenne presso il Monumento ai Caduti di Piazza XX Settembre.
A partire dal 1919, in quasi tutte le chiese del territorio comunale furono collocate epigrafi commemorative alla memoria dei Caduti delle singole parrocchie: a San Miniato presso la chiesa della SS. Trinità (1920), alla Crocetta (1921), in Santo Stefano (1921) e a San Lorenzo a Nocicchio, oltre che nella chiesa di San Pietro alle Fonti a La Scala (1921), a Sant'Angelo a Montorzo (1919), e poi a Calenzano, Moriolo, Balconevisi (1924), Bucciano e a Isola. A Ponte a Egola (1922) e a San Miniato Basso (1925) si pensò, invece, alla fusione di “campane votive” da collocare nelle rispettive torri campanarie. Nella chiesa sanminiatese di Santa Caterina, per iniziativa del Can. Genesio Chelli, venne realizzata un'apposita Cappella Votiva (1925). Questo spazio fu mantenuto fino al 1957, quando le salme vennero trasferite presso il Sacrario di Santa Maria al Fortino, realizzato a cura dell'Arciconfraternita di Misericordia di San Miniato e inaugurato il 6 novembre 1932 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III e del Vescovo Ugo Giubbi. Le chiese, d'altra parte, rappresentavano il luogo dove la popolazione si raccoglieva frequentemente e dove la vita sociale si intrecciava a quella religiosa, specialmente nelle piccole comunità di campagna.
L'8 febbraio 1923, alla presenza di Mons. Carlo Falcini, venne solennemente inaugurato il Viale della Rimembranza a San Miniato, corrispondente alle attuali via XXIV Maggio, viale Don Minzoni e la porzione nord-occidentale di Piazza del Duomo. A partire da questa prima realizzazione, in molte frazioni nacquero comitati spontanei per la formazione di viali o parchi della Rimembranza. Ne sono un esempio i viali a Cigoli (1924), Balconevisi (1926), Sant'Angelo a Montorzo (1925-26) e i parchi di cui si ha notizia a La Scala (1923), Isola (1924), Ponte a Elsa (1928), Roffia e Stibbio (1926-1934). In quest'ultima comunità, all'interno del parco, fu eretto un cippo contenente i nomi dei caduti di quel luogo. Anche a Ponte a Egola nell'attuale Piazza Stellato Spalletti fu innalzato un monumento, impreziosito da un bassorilievo bronzeo ad opera dello scultore Vico Consorti. Quest'ultimo ebbe notevole fortuna negli anni successivi: la sua realizzazione più nota è la Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano (1949), quella stessa porta che anche Papa Francesco ha aperto lo scorso 8 dicembre, in occasione dell'inizio del Giubileo della Misericordia.
Tuttavia, l'opera più significativa, realizzata nel territorio sanminiatese in memoria dei Caduti della Grande Guerra, è da considerarsi il Faro Votivo collocato sulla cima della Torre di Federico II. L'iniziativa fu promossa dal Comitato Circondariale dell’Opera Nazionale per l’Assistenza Civile e Religiosa degli Orfani di Guerra e dall'Associazione Madri e Vedove di Guerra, riunite nel comitato Pro Monumento. L'idea era quella di realizzare un qualcosa che andasse oltre i confini cittadini e che potesse abbracciare l'intero territorio sanminiatese e le sue numerose comunità. D'altra parte quasi in ogni chiesa era già stata collocata una lapide e in molte frazioni erano nati i viali e i parchi della Rimembranza. L'operazione fu possibile grazie ai proventi raccolti con l'estrazione di una lotteria nazionale, in concorso con la Misericordia di San Miniato che poté acquistare il Palazzo Roffia, un'autoambulanza e realizzare il Sacrario di Santa Maria al Fortino. Il faro, che aveva tre corpi luminosi colorati ccome il Tricolore, fu inaugurato il 28 maggio 1928 e rimase attivo, ogni sera dal tramonto alla mezzanotte, fino all'ingresso dell'Italia nella Seconda Guerra Mondiale (1940). Quattro anni più tardi, il 23 luglio 1944, i militari dell'esercito tedesco in ritirata minarono la Torre di Federico II e, con essa, venne abbattuto anche il faro votivo. Con la ricostruzione della Rocca (completata nel 1958) il faro non venne ricollocato, nonostante che l'allora Repubblica Federale Tedesca avesse inviato un nuovo apparecchio in riparazione di quello andato distrutto. Al comitato Pro Monumento, divenuto successivamente Pro Faro, presero parte anche alcuni sacerdoti, come i canonici Genesio Chelli e Francesco Maria Galli Angelini.

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