SAN MINIAITO - Il terzo del ciclo di incontri sul Medioriente promosso dalla Libreria al Seminario, la Pietra d’Angolo, l’Ufficio comunicazioni sociali e l’Ufficio per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso, la Caritas diocesana, il Serra club di San Miniato, e il circolo La Croce sez. Valdegola, svoltosi venerdì 17 gennaio presso l’aula magna del seminario diocesano, ha visto la testimonianza di mons. Hanna Alwan, vicario patriarcale degli affari giuridici della Chiesa maronita, riguardo “i rapporti tra cristiani e musulmani nel modello multi confessionale libanese”.
Dopo un’introduzione di mons. Andrea Migliavacca, che ha fatto gli onori di casa, la discussione si è concentrata su molti aspetti della questione: da quello storico a quello religioso, da quello giuridico a quello riguardante il fenomeno migratorio. Per capire la situazione libanese non si può prescindere da un dato giuridico rilevante: il modello costituzionale libanese è sostenuto da un patto d’onore: “il presidente della repubblica deve essere maronita, il presidente del consiglio deve essere sunnita e quello della camera dei deputati deve essere sciita”. Il parlamento è, poi, suddiviso equamente tra deputati cristiani e deputati musulmani. Il generale dell’esercito deve essere maronita e quello della polizia sunnita.
Ma è un principio della Costituzione quello che più ci fa riflettere: “l’art. 9 garantisce la libertà a tutte le confessioni religiose che siano cristiane o musulmane, la libertà di culto e delle manifestazioni della fede”.
Le leggi si strutturano, poi, secondo questo principio: per le materie di carattere personale o religioso – matrimonio, filiazione, famiglia – decidono i tribunali cristiani o musulmani mentre per quanto riguarda le altre materie civili, il diritto penale ed il commercio, queste sono comuni a tutti.


È un modello di pacifica convivenza che in Libano ha funzionato fatta però una premessa: “Sono stati educati tutti allo stesso modo, sugli stessi principi” in scuole cristiane: «Ne sono uscite generazioni che si intendono tra di loro, che si conoscono e convivono». Il modello funziona, poi, anche per quanto riguarda le conversioni che sono possibili – in molti chiedono di essere battezzati – e per i matrimoni misti che si verificano ogni giorno.
Non solo aperti all’interno ma anche nei confronti delle popolazioni limitrofe che fuggono a causa della guerra: Siriani, Palestinesi, Armeni. Anche se la situazione sta diventando drammatica, più di un milione e mezzo di profughi sono ospitati dai libanesi, che cercano di fare nel modo migliore possibile, visti anche gli insufficienti aiuti dell’ONU e delle organizzazioni internazionali.
Un esempio: le scuole contengono trecentomila studenti; come fare per accogliere quattrocentocinquantamila profughi siriani? La mattina le scuole sono aperte per i libanesi mentre al pomeriggio sono aperte per i siriani.
Ma allora visto questo modello perché la guerra di religione libanese tra il 1975 ed il 1990? Tra i profughi c’erano anche i palestinesi che erano scappati da Israele nel 1949. «Essendo armati si sono sentiti forti ed imponevano la loro legge. Erano sunniti ed i libanesi sunniti hanno deciso di appoggiarli per prendere più potere; allora si è trasformata in una guerra di religione ma all’inizio era politica. La guerra è durata tanti anni ma alla fine ha provocato solo morti da una parte e dall’altra … poi la gente è tornata a vivere insieme».

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