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SAN MINIATO - Come ogni anno la Giornata della Memoria torna a scuotere le coscienze, a porre di nuovo al centro dell’attenzione di un’opinione pubblica spesso distratta la grande tragedia dell’Olocausto, uno degli abissi di male più oscuri e profondi del XX secolo. «Teniamo viva la memoria perché quegli orrori non abbiano a ripetersi» è la frase che utilizziamo, insieme ad altre simili, per esorcizzare quel male, quelle torture, quei crimini contro l’umanità, che desidereremmo appartenessero ormai al passato. L’annuale condanna della barbarie nazista deve servire però anche a risvegliare la consapevolezza che le inguistizie e le violenze non sono cessate, anche a poca distanza dalle nostre frontiere.
Gli occhi delle vittime dei campi di sterminio ci fissano ancora: da Srebrenica ad Aleppo, dal Ruanda al Centrafrica al Sudan. Talvolta nell’indifferenza della comunità internazionale si consumano altri olocausti e altri esodi.
«L’attuale contesto goepolitico», ha dichiarato il nostro vescovo Andrea Migliavacca, «presenta da una parte molti focolai di guerra e la presenza di gravi episodi di terrorismo anche in Europa, dall’altra molte forze che perseguono la linea della disgregazione piuttosto che la ricerca dell’unità. Questo ci fa pensare che difendere la memoria di ciò che è accaduto è un valore da preservare».


E proprio sul fare memoria insisteva San Giovanni Paolo II nella sua esortazione apostolica interamente dedicata al Vecchio Continente, «Ecclesia in Europa» del 2003, ricordando che i nostri Paesi dovevano e devono vivere da protagonisti nel mondo globalizzato come costruttori di pace: «L’Europa che ci è consegnata dalla storia ha visto, soprattutto nell’ultimo secolo, l’affermarsi di ideologie totalitarie e di nazionalismi esasperati che, oscurando la speranza degli uomini e dei popoli del Continente, hanno alimentato conflitti all’interno delle Nazioni e tra le Nazioni stesse, fino all’immane tragedia delle due guerre mondiali. Anche le lotte etniche più recenti, che hanno nuovamente insanguinato il Continente europeo, hanno mostrato a tutti come la pace sia fragile, abbia bisogno dell’impegno fattivo di tutti, possa essere garantita solo dischiudendo nuove prospettive di scambio, di perdono e di riconciliazione tra le persone, i popoli e le Nazioni.
Di fronte a questo stato di cose, l’Europa, con tutti i suoi abitanti, deve impegnarsi instancabilmente a costruire la pace dentro i suoi confini e nel mondo intero. A tale riguardo, occorre rammentare « da una parte, che le differenze nazionali devono essere mantenute e coltivate come fondamento della solidarietà europea e, dall’altra, che la stessa identità nazionale non si realizza se non nell’apertura verso gli altri popoli e attraverso la solidarietà con essi» (Ecclesia in Europa, n. 112).

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