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SAN MINIATO - È stata la serata più affollata tra gli incontri che si tengono ogni mese presso l’aula magna del Seminario sul tema dei rapporti tra cristiani e musulmani in Medio Oriente. A tenere la conferenza, il 15 marzo scorso, p. Samir Khalil Samir, gesuita egiziano, docente presso l’Università Gregoriana e il Pontificio Istituto Orientale di Roma. “Considerare i musulmani come gente di un altro mondo oppure come nemici o gente con la quale non si può convivere - ha esordito padre Samir - non è un atteggiamento cristiano”. La presenza dei musulmani in Europa dev’essere vista piuttosto come un’opportunità. Un tempo, ha ricordato il conferenziere, erano i missionari che, affrontando grandi pericoli, dovevano compiere lunghi viaggi per raggiungere i popoli da evangelizzare: “Oggi non abbiamo più bisogno di attraversare il mare. Ma c’è ancora qualcuno che annuncia il vangelo?”.
Un appello in controtendenza, quello di p. Samir, rispetto alla nostra mentalità intrisa di sensi di colpa e tiepidezza spirituale. “L’immagine che i musulmani hanno dell’Occidente è molto negativa”, ha proseguito il sacerdote egiziano. Gli occidentali sono considerati, a torto o a ragione, moralmente corrotti e miscredenti. Il fanatismo islamico è una reazione proprio a questa situazione di irreligiosità. “Ecco il nostro compito”, ha suggerito p. Samir: “più riusciremo a rafforzare in profondità il nostro Cristianesimo più l’Islam sarà meno fanatico”. Pertanto è necessario rievangelizzare i cristiani. Anche i musulmani allora potranno comprendere la bellezza del Vangelo. Una cosa che in alcuni casi accade già: “I protestanti fanno qualcosa che noi non osiamo fare”, ha notato il relatore: “Distribuiscono il Vangelo, dicono: prendi e leggi. E ci sono molti convertiti. Bisogna avere il coraggio di dire la nostra fede, spiegare senza paura e con amore ai musulmani perché è bello seguire il Vangelo”.
Regolare i flussi migratori, controllare chi arriva è compito dello Stato. Il compito della Chiesa è quello di accogliere. Ci sono milioni migranti, “persone che non hanno più speranza, e non per colpa loro. Se non li aiutiamo noi, chi lo farà?”. E così facendo noi testimoniamo l’essenza del Vangelo. “Tutte le religioni monoteiste dicono: non c’è altro Dio se non Dio. Ma quale significato c’è dietro la parola Dio? I musulmani hanno 99 bei nomi di Dio, ma nel Corano ne manca uno: Dio è amore. Questo è San Giovanni che lo dice. Ebrei e musulmani hanno tante cose belle, ma non arrivano mai al livello del Vangelo”.


La seconda parte della conferenza è stata dedicata da p. Samir al ruolo storico e culturale dei cristiani in Medio Oriente. Nella storiografia araba ci sono due periodi che vengono definiti “Rinascimento”: il primo a Baghdad tra il X e il XII secolo; il secondo, in Egitto, dal 1840 alla rivoluzione nasseriana (1952). In entrambi questi periodi di splendore i cristiani hanno avuto un ruolo fondamentale.
Nel primo rinascimento furono i cristiani siro-persiani, eredi dell’Accademia di Gundishapur, a tradurre in arabo i testi greci per la "Casa della Sapienza" di Baghdad, fondata nel IX secolo dal califfo illuminato al-Ma’mun. Così si è trasmesso il sapere dei Greci in campo medico, astronomico, matematico… Nel XII secolo il grande filosofo musulmano Averroè trasmise tutta questa eredità in Spagna. Spesso si dice per questo che la cultura occidentale deve molto all’Islam. In realtà Averroè riprese, perfezionandola, l’opera del filosofo Abu Zakariyya Ya’ya ibn ’Adi, che era un cristiano siriaco. Quindi bisognerebbe dire più correttamente che c’è stato un influsso degli arabi, anzitutto cristiani e poi, alcuni di loro, musulmani.
Il secondo rinascimento arabo ebbe luogo in Egitto, dopo l’occupazione napoleonica. Il pascià Mehmet Alì si rese conto della superiorità scientifica della Francia e inviò i migliori studiosi egiziani a Parigi, favorendo così la nascita dell’Egitto moderno. Ma non furono soltanto gli europei a rinnovare la cultura araba. Furono i cristiani del Libano, sconfitti nel 1860 dai Drusi, che si rifugiarono in Egitto e contribuirono allo sviluppo culturale di quel Paese. Furono dei cristiani libanesi, ad esempio, a fondare i due principali quotidiani egiziani in lingua araba, ancora oggi attivi. In tutti i campi, dalla tecnologia al commercio alla letteratura, i cristiani in Medio Oriente hanno avuto un grande ruolo, benché la loro presenza non superi il 3% della popolazione. Oggi anche in Europa ai cristiani spetta un ruolo fondamentale per il rinnovamento della cultura.

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