don milanei

DALLA DIOCESI - Del sacerdote diocesano Francesco Melani il passare inesorabile degli anni ha rimosso quasi la memoria. Ancora vivo, invece, il suo ricordo tra i parrocchiani più anziani di Santo Pietro Belvedere, dove don Melani – da non confondersi con un altro illustre prete, don Melani Angelo, nipote di don Francesco – ha passato quasi quarant’anni del suo ministero pastorale lasciando un ricordo vivo dell’impegno di sacerdote in Cristo. Molti ricordano quel parroco che si spostava con un piccolo cavallo tra i colli della parrocchia, per raggiungere anche le più lontane abitazioni, ma pochi sanno del suo impegno nel primo conflitto mondiale. Vogliamo parlarne oggi e ravvivare la memoria per il quarto appuntamento della rubrica “preti soldato”. Come abbiamo già altrove accennato, erano stati ben tredici i sacerdoti del clero diocesano ad essere chiamati alle armi con vari ruoli durante il primo conflitto. In questo elenco, un rapporto ufficiale che la curia compilò nel 1916, compare anche il sacerdote nativo di Castelfranco di Sotto, nato da Giuseppe e Annunziata Caramelli il 9 dicembre dell’anno 1882. Egli aveva vestito giovanissimo, all’età di quattordici anni, l’abito ecclesiastico studiando nelle scuole locali di Castelfranco e quindi come alunno esterno del Seminario.

Ordinato sacerdote il 28 dicembre del 1908 era stato nominato cappellano curato nella piccola chiesa parrocchiale di Treggiaia alternandosi però nell’aiuto alla cura della Rotta. In queste due parrocchie passerà i suoi primi cinque anni di “apprendistato sacerdotale” prima della chiamata alla armi che lo sottrasse alla Diocesi durante tutto il periodo di guerra, presso l’Ospedale militare del Maglio, a Firenze. In questo luogo suggestivo, per oltre un secolo, Firenze ha ospitato una delle più prestigiose istituzioni militari italiane: la Scuola di Applicazione di Sanità Militare. Questa accademia difatti aveva sede in via Venezia, nei locali dell’ex convento di San Domenico in Cafaggio, ma quando i domenicani prima e le suore domenicane alla fine dell’Ottocento lasciarono la struttura, i locali furono sempre sede militare. Oggi un monumento ai caduti, ottenuto dalla fusione delle medaglie al valore dei medici militari decorati nel primo conflitto ricorda il periodo bellico all’interno della struttura. Dell’impegno militare come cappellano dell’ospedale non abbiamo testimonianze scritte né si conservano lettere nell’archivio diocesano. Conosciamo soltanto l’anno di rientro alla vita parrocchiale, il 1919, nel quale viene assegnato alla parrocchia di Santo Pietro Belvedere. Qui rimane sino alla morte il 28 novembre 1952. Dei suoi trascorsi alla Rotta il ricordo era invece sempre indelebile nei parrocchiani. Così scrive Ghino Morelli, della Milizia Ferroviaria, in un opuscolo celebrativo che abbiamo ritrovato nella Biblioteca del Seminario: “Il paese di La Rotta fu il primo, o uno dei primi campi dove il Sacerdote Melani cominciò a spiegare il suo zelo. La Rotta intera ricorda questo figlio del popolo, che sapeva così bene accomunarsi alle classi più diseredate, e che per la gioventù specialmente aveva un predilezione tutta particolare. Correvano tristissimi, allora i tempi: il soffio del bolscevismo aveva travolto tutta la classe operaia; l’anticlericalismo più sfacciato mieteva, audace, vittime ogni giorno”. A La Rotta don Melani assunse la direzione del Circolo giovanile cattolico che era stato intitolato “Religione e Patria”, ma anche la Sezione Filodrammatica, che lui stesso aveva fondato. Attraverso il teatro don Melani organizzava costantemente eventi culturali di cui il Bollettino diocesano ci dà testimonianza. “Così don Melani – si ricorda nell’opuscolo sulle nozze d’argento sacerdotali – intendeva l’azione cattolica e la istruzione religiosa che al popolo si deve dare…E durante la recente guerra vittoriosa, i giovani soldati di La Rotta chiamati a dare il tributo alla Madre Patria, ebbero in don Melani, a Firenze e altrove, un Padre!”. A questa testimonianza dell’impegno bellico si aggiunge quella del dottor Giovanni Vitalba, di Padova, che nel 1933, scriveva al comitato promotore delle feste in onore di don Melani: “coll’adempiere sempre con la più scrupolosa diligenza e perfetta serenità di spirito alle sue numerose mansioni, mi fu non solo di valido aiuto materiale ma contribuì a mantenere elevato nell’ambiente dell’Ospedale il sentimento dell’amore verso la nostra bella patria congiunto a quella della nostra Religione”. Del periodo post bellico, si racconta che il vescovo Falcini si onorava spesso di frequentare il circolo cattolico istituito da don Melani, e i parrocchiani di Santo Pietro Belvedere ancora ricordano l’impegno profuso per il restauro dell’intero luogo di culto avvenuto nel 1927 sotto la sua guida sapiente.

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