Una novità assoluta per l’Italia, quella proposta dal Dramma Popolare, a un pubblico numeroso, attento, piacevolmente sorpreso e anche assai divertito, venerdì 9 maggio nelle sale di Palazzo Grifoni a Sa
n Miniato, alla presenza di Sua Eccellenza il Vescovo, del Presidente della Fondazione CRSM, del Sindaco.
Molto più di una conferenza-spettacolo, com’era stato preannunciato dal Presidente, Marzio Gabbanini, e dal Direttore Artistico, don Piero Ciardella, ma un evento, che ha portato, su un piccolo palcoscenico, nomi importanti del Teatro, attori-autori, ciascuno dotato di un proprio linguaggio teatrale e, soprattutto, di una sua irripetibile unicità: attori monologanti che, per una volta, si sono incontrati per narrare se stessi, la propria esperienza umana e artistica, a mezzo tra il racconto e la recitazione di frammenti del proprio repertorio. Comunicando tra loro, si sono confrontati sui problemi del Teatro per riconfermarne la profonda vitalità, la sua capacità di essere vero interprete delle ansie, ma anche delle inquietudini più forti della società e dell’uomo. Sapientemente coordinati, sollecitati e interrogati dal critico teatrale, Masolino D’Amico, ideatore dell’iniziativa, i cinque attori hanno saputo catturare, da subito, l’attenzione dei tanti presenti per profondità di pensiero, una fortissima carica di autoironia e di grande umanità, l’entusiasmo di chi sa di avere intrapreso un “ mestiere “ complesso, ma affascinante, quello di attori-autori, “ eremiti” della scena, solitari gestori e creatori della parola del Teatro, spinti dal desiderio di farsi interpreti del loro tempo, delle sue difficoltà, ma anche potenzialità, guardato e letto da punti di vista particolarissimi, quelli di chi ha fatto della parola narrata un mezzo di potente scandaglio della verità sull’uomo del proprio tempo. Da Laura Curino, monologante di fama più che nazionale, come del resto gli altri, torinese di nascita, che scrive storie di lavoro di quelle persone “ senza ombra” venute dal Sud nella città della Fiat, a Saverio La Ruina, interprete della cultura di un mondo popolare, che recita in dialetto calabrese la vicenda di una donna disonorata, figura femminile del Sud alle prese con la rigida mentalità del suo ambiente. Il tempo è volato tra le riflessioni di chi non pensava di fare l’attrice, come Lella Costa, per poi essere letteralmente folgorata sulla via del Teatro, e l’intervento esilarante di Bruno Gambarotta, i suoi aneddoti sull’esperienza televisiva a fianco di Adriano Celentano, per chiudere con Moni Ovadia, in una rilettura della sua esperienza all’interno della cultura ebraica, fatta di racconti esemplari e spesso umoristici,ma soprattutto per riaffermare la potenza del Teatro, di quella pietas artistica e narrativa che salva come lo scudo di Pericle che difende dagli attacchi di Medusa.
Un’esperienza, dunque, da ripetere, quella degli “ eremiti “ a convegno, per un Dramma Popolare che dimostra una rinnovata vitalità e la capacità di riconquistare, a pieno titolo, un posto di primo piano nel panorama del Teatro nazionale.