PERIGNANO - Un ospite speciale nel centro pastorale di Perignano. Lo scorso 13 dicembre don Armando Zappolini ha dato il bentornato in parrocchia al suo amico Giovanni Impastato, fratello di Peppino, figlio di un affiliato di Cosa Nostra di Cinisi (in provincia di Palermo) capace di prendere una strada diversa rispetto a quella del padre: giovane militante comunista, giornalista, attivista nonviolento, difensore dei beni comuni contro la prepotenza mafiosa, Giuseppe Impastato fu ucciso il 9 maggio di 39 anni fa dal boss Gaetano Badalamenti che non sopportava questa voce scomoda, questo microfono fuori dal coro in grado di parlare alla gente di Sicilia di bellezza e di ribellione.
La mafia si è presa il suo corpo, ma la sua anima viaggia ancora nei cuori e nell’impegno solidale di tante persone. A partire da quello di Giovanni, che insieme alla mamma Felicia ha deciso di dare continuità alla scelta di Peppino, rifiutando la logica della vendetta tra famiglie mafiose, per affidare la testimonianza del fratello alla società civile italiana, per dare coraggio e fare fronte comune con tutte quelle realtà (associazioni giovanili, scuole, parrocchie, partiti politici, sindacati, artisti) che si battono per liberare l’Italia dalla logica del saccheggio e del profitto a ogni costo tipica della criminalità organizzata. Un cammino di memoria e di partecipazione lungo decenni, che Giovanni Impastato ha scelto di raccontare in un libro, "Oltre i cento passi", appena edito da Piemme e presentato proprio il 13 dicembre in parrocchia a Perignano. I cento passi - titolo del film di Marco Tullio Giordana che a partire dagli anni 2000 ha reso celebre la storia di Impastato - sono la "frontiera" che tracciò Peppino per marcare la distanza fra casa sua e l’abitazione del boss Badalamenti. L’"oltre" sono gli ulteriori passi che ha continuato a percorrere Giovanni con i suoi familiari per proseguire la scelta di campo di Peppino: un cammino che ha reso quelle due case (della famiglia e del boss) due luoghi della memoria, visitati da migliaia di persone ogni anno; un cammino che - come scrive Giovanni - ha portato sul marciapiede dei cento passi tanti compagni di strada dalle estrazioni sociali e dalle provenienze più diverse. Fra questi il nostro don Armando, che non a caso figura tra i personaggi del libro. "Don Armando - spiega Giovanni Impastato - mi ha aiutato in questi anni ad avvicinare alla nostra storia tante parti del mondo cattolico con cui all’inizio avevo trovato delle resistenze. Soprattutto la chiesa locale si fermava all’etichetta del Peppino comunista e ateo, senza accorgersi della grande sintonia fra i valori del Vangelo e lo spirito antimafia di mio fratello. Mio fratello era comunista ma anche libero, critico, inquieto: costruttore di condivisione e di uguaglianza, amante degli scritti di Gramsci, ma anche capace di prendere le distanze dalle derive totalitarie in cui era sprofondato il regime sovietico nell’est Europa". E allora ecco che il capitolo dedicato a don Armando racconta di come il prete di Perignano riuscì a coinvolgere don Ciotti e altri suoi amici preti antimafia per organizzare una veglia di preghiera a Cinisi in uno degli anniversari della morte di Peppino: una celebrazione che col senno di poi ha segnato la riappropriazione della memoria di Impastato da parte dell’Azione cattolica di Cinisi e degli altri parrocchiani, fino ad allora molto restii a considerare Peppino un loro martire. Ma quello fu soltanto l’inizio. L’amicizia fra Giovanni e don Armando ha vissuto tanti altri capitoli e incontri, alcuni dei quali ancora da scrivere. Il prossimo 9 maggio, per i 40 anni dalla morte di Peppino, don Armando mobiliterà i vespisti del Vespa club Valdera per portare a Cinisi una carovana di 60 motorini della Piaggio: un’altra bella occasione per far sentire sempre meno solo chi ogni giorno lotta per un’Italia più solidale e più libera, nelle sue attività economiche, dal capitalismo predatorio di stampo mafioso.