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SAN MINIATO - Mario Rossi - per tutti Maglietta - è un sapiente "alchimista della materia", abilissimo com’è a ridare dignità e vita a brani di realtà che un tirannico consumismo consegna immancabilmente al registro del vecchio e dell’inutile. Ecco allora che un malandato sportello da bottega o una madia tarlata diventano elementi chiave nell’incanto della macchina del suo presepe, dove una fantasmagoria di scorci rinnova una magia che non ha tempo. È la celebrazione e il riscatto di tutte le cose create dalla mano d’uomo, chiamate in una sinfonia corale, a celebrare la nascita del Re dei re.

Questo è un anno particolare per il presepe di Maglietta, che proprio nel 2017 spegne trenta candeline. Trent’anni sono tanti… Trent’anni, secondo la tradizione, è il tempo che intercorse tra la nascita e l’inizio della vita pubblica di Gesù. Potremmo quasi dire che in tutti questi anni Mario Rossi ha accompagnato "il suo" bambin Gesù; lo ha visto nascere tre decadi fa e lo consegna oggi idealmente alla "vita pubblica".
C’è però un fatto di indiscusso rilievo e che intriga moltissimo nel suo presepe di quest’anno. Per la prima volta il Comune di San Miniato ha concesso a Maglietta di condurre il suo allestimento all’interno del medievale palazzo dei vicari imperiali, dove oggi si trova anche lo storico hotel Miravalle. Ed ecco allora che il percorso alla scoperta del "bambino Dio" si snoda tra angusti corridoi e vasti androni voltati all’antica, tra secrete e varchi. Un caleidoscopio cangiante di scorci e prospettive, fino a una lapide… una lapide preziosa, quasi dimenticata, che attesta solennemente la venuta nel 1533 a San Miniato di papa Clemente VII (Giulio de’ Medici) in viaggio da Roma verso Nizza. Un viaggio verso la Costa Azzurra, dove papa Medici avrebbe celebrato il matrimonio di sua nipote Caterina con Enrico, figlio di Francesco I re di Francia. Il pontefice dovette trattenersi per qualche giorno nella città della Rocca, se è vero che ebbe il tempo di raggiungerlo da Firenze addirittura Michelangelo Buonarroti, che in un biglietto vergato di sua mano scrisse: «Nel mille cinquecento tretatré. Ricordo come oggi a di 22 di settembre andai a San Miniato al tedesco a parlare a Papa Clemente che andava a Nizza».
Sull’oggetto dei discorsi intercorsi tra Clemente e Michelangelo non siamo informati. Possiamo però ragionevolmente supporre che i due abbiano prioritariamente negoziato di quell’affresco che il papa aveva chiesto di realizzare a Michelangelo sulla vasta parete sovrastante l’altare della Cappella Sistina a Roma. Proprio lì dove il papa voleva una "resurrezione" e dove Michelangelo, orgogliosamente consapevole delle sue idee (ne sapeva qualcosa quel Giulio II della Rovere, papa muscolare, che più di una volta dovette arrendersi alle delibere in materia iconografica del Buonarroti), proponeva invece quel Giudizio Universale, inarrivabile e cruciale per la storia dell’arte, di cui tutti sappiamo e che il grande artista avrebbe realizzato tra il 1535 e il 1541. Il pensiero allora che i muri del Miravalle abbiano fatto da cassa di risonanza alle voci di Michelangelo e del papa, regala oggi all’opera di Mario Rossi un tocco di suggestione e prestigio inedito.
Durante l’inaugurazione Maglietta ha raccontato agli intervenuti il motivo ispiratore del suo lavoro: «Nel realizzare il presepe di quest’anno, mi sono messo nei panni di un pellegrino che giunge nottetempo dalla Francigena all’ombra della Rocca, per prendere ricetto in una camera del Miravalle e, addormentatosi tra queste mura secolari, viene visitato in sogno da una stella che lo guida alla grotta di Betlemme. Al suo risveglio la stella con il presepe sono realtà».
Il presepe è stato inaugurato domenica 10 dicembre alla presenza del vescovo e del sindaco di San Miniato. Nella notte di Natale sarà proprio il vescovo Andrea, al termine della Messa solenne, a portare in processione dalla Cattedrale la statua del Bambino redentore per deporla nella mangiatoia.

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