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DALLA DIOCESI - Oramai ne parlano tutti, ancora una volta l’abilità di catalizzatore dell’informazione lo ha portato alla ribalta. Stiamo parlando del presidente del consiglio Renzi che sul tema della scuola è intervenuto lanciando un disegno di legge che, rassicura, sarà presto discusso, passerà all’esame dei due rami del parlamento per poi approdare in lettura definitiva alla Camera. Tutto un lessico ripetuto, sempre identico, del quale oramai stiamo facendo ingordigia nei tiggì.

Passerà, non passerà, sarà modificato? Ancora è presto per dirlo. Se una nota critica va espressa - bisogna dirlo - non è solo tutta in carico a Renzi e ai suoi ministri dell’istruzione. Va estesa.  Nei governi precedenti, di altri colori politici, i guazzabugli e i minestroni non sono stati pochi. Facciamo un resoconto brevissimo. Problema assunzioni dei docenti. Si chiudono le SSIS, poi si inventano i PAS, poi si aggiungono i TFA, poi riemerge il vecchio concorsone. I vincitori del concorsone scavalcano in graduatoria coloro che avevano varcato Il traguardo del TFA con il massimo dei voti; ma i TFA sono scavalcati dai docenti che avevano brillantemente concluso i PAS, però ora c’è la sentenza della Corte di Giustizia Europea, che condanna l’Italia per il ricorso costante ai contratti annuali con un semplice ragionamento di logica induttiva obbligando ad assumere coloro che, con certe condizioni, sono stati nominati per almeno quattro anni consecutivi sulla stessa cattedra e magari nella stessa scuola. Il "giustiziato" europeo spesso è un insegnante proveniente dalla "terza fascia", non ha né TFA né PAS né vittoria al concorsone, soprattutto per le materie scientifiche e tecniche dove c’è una cronica carenza di insegnanti, cioè di laureati! Capirete che le novità annunciate in questi giorni portano confusione su confusione,aggiungono incertezza a instabilità! Pensate che si era da poco concluso l’iter della "buona scuola": una consultazione online in stille grillino dove i docenti potevano inviare i propri suggerimenti per il miglioramento della scuola pubblica. E cosa partorisce il governo? Un annuncio di assunzioni di massa sulle quali sindacati e associazioni di categoria sono pronte alla battaglia, perché non si sa come verranno scelti i 100000 dal mazzo dei docenti nel limbo del precariato e spesso con un titolo abilitativo (TFA, PAS o concorsone ?); una rivoluzione "presidenziale" della scuola sulla quale torneremo in un’altra puntata; 500 euro all’anno per i docenti come contentino da spendere per l’aggiornamento e la formazione; mantenimento degli scatti di anzianità. Restano nodi scoperti: il mancato adeguamento di orario e di stipendio al livello dei colleghi europei; l’assenza di tecnologie all’interno degli istituti scolastici (si fa presto a parlare di innovazione e di rivoluzione digitale, quando in certi casi mancano persino i piccì in sala insegnanti o non esistono le aule informatiche); l’assoluta incertezza sulle modalità di ingresso nei ruoli della scuola, ma soprattutto manca quella necessaria rivoluzione di pensiero che riassegni all’insegnante quel ruolo nella società che gli compete! Per questo ultimo punto siamo certi che non saranno unicamente i soldi e gli aumenti salariali a far incrementare automaticamente l’autostimadei docenti e farli così "rendere di più" in cattedra! Serve un cambio di paradigma, anche da parte della società che sta attorno alla scuola. Serve che i genitori - dopo la brontolata del maestro e o del professore - rincarino la dose con i propri figli, non che arrivino a scuola inviperiti contro l’insegnante e pronti a intentargli causa per un nota o un brutto voto! Serve che le famiglie ritornino a portare rispetto all’insegnante cui non si da un facile "tu" da bar sport, e serve al contempo che gli insegnanti, sin dalla scuola primaria, lavorino con i bambini per far comprendere loro che ci sono scale gerarchiche nella vita e nella società, che non siamo tutti uguali ma che ognuno ha, in classe e fuori, un ruolo: l’insegnante e il discente! Tra i banchi e la cattedra c’è di mezzo uno spazio solo apparentemente vuoto, e qui deve essere l’insegnante bravo e capace a riempirlo! Con la parola, con i gesti, con il metodo, con l’oratoria! Perché gli effetti speciali di una lavagna elettronica passeranno in fretta! Alla velocità con cui viaggia la tecnologia! Ai ragazzi e ai bambini di oggi, che maneggiano meglio di noi gli strumenti elettronici, la nostra lavagna elettronica a scuola li fa già sbadigliare! Ma le parole, quelle che colpiscono la mente e il cuore dei ragazzi, la dialettica, l’abilità di coinvolgimento, mostrare la bellezza dell’imparare ogni giorno cose nuove, di fare scoperte di ora in ora, queste cose non passeranno né con la rivoluzione digitale né con le sbandierate riforme delle riforme delle riforme, che sembrano non avere mai una conclusione.

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