CAPANNE - Ho visto Dio in un uomo». No, non è la celebre affermazione di un massone dopo aver assistito ad una messa del Curato d’Ars, ma è la stessa sensazione avuta da P. Serafino Tognetti una volta conosciuto e frequentato Don Divo Barsotti. Lo scorso 25 aprile, ricorreva infatti il 103° anniversario della nascita del fondatore dei Figli di Dio, comunità che ha sede a Settignano in provincia di Firenze e presente in altri luoghi e che spesso, per i propri ritiri, utilizza l’eremo nella nostra diocesi, donato alla comunità stessa da una famiglia palaiese. Il luogo in questione si trova in località Collelungo ed è comunemente chiamato «Le fornaci». Proprio per ricordare la memoria del padre fondatore , i membri delle fraternità di Palaia e Livorno hanno organizzato, guidati da P. Tognetti, una giornata dedicata alla memoria del nostro condiocesano don Divo. Si sono lì ritrovati per celebrare la messa e passare un po’ di tempo in fraternità. A questi ci siamo aggiunti anche noi, fedeli delle parrocchie limitrofe, invitati a partecipare a tutti gli eventi in programma.
La Messa celebrata da P. Tognetti concelebrata dai parroci don Fabrizio Orsini e don Giuseppe Volpi, nella cappellina dell’eremo, ma vuoi la giornata festiva, vuoi l’attrazione del Padre Barsotti, siamo stati «costretti» a trasferirci all’aperto perché eravamo ben più di 100 persone. La cosa straordinaria per me, poco conoscitore della comunità dei Figli di Dio, è stata la presenza oltre delle parrocchie vicine, in quell’eremo sperduto era la presenza di appartenenti alla comunità stessa provenienti da Massa Carrara, Siena, Montecatini, Livorno e Pisa, addirittura c’era anche una coppia delle Marche. Al termine della celebrazione c’è stato anche il toccante rito di ammissione alla comunità del ramo laicale di alcuni aspiranti, e quelli che hanno fatto la consacrazione nella comunità. Dopo pranzo il programma prevedeva la catechesi di P. Serafino per ricordare la Comunità e il suo fondatore, d. Divo e farlo conoscere più approfonditamente a chi non facendo parte della comunità non sapeva alcuni aspetti più nascosti della vita del Padre. Questo secondo momento si è svolto al teatro parrocchiale della parrocchia di Palaia dove era presente fra gli altri anche il sindaco e un assessore. Padre Serafino ha parlato della propria esperienza accanto a d. Divo ricordando soprattutto l’incontro iniziale avuto con lui, e che fu per molti aspetti subito molto intenso, infatti, dice p. Tognetti ricordava la cosa che lo colpì immediatamente fu il rapporto intensissimo con Dio, il modo in cui "il Padre", così i suoi lo chiamano, fosse in una comunione con il Signore e come questo rapporto fosse prioritario rispetto a tutti gli altri. Venne attratto, quindi, non dal carisma umano del Padre ma dalla sua intensa e profonda spiritualità. Ci ha spiegato episodi e brani tratti dai suoi diari che ci parlano di un uomo consumato dal fuoco della presenza divina, ma allo stesso tempo tormentato dal non capire la volontà di Dio sulla propria persona, costretto, se così si puo’ dire, a vivere non sapendo cosa fare al di là del minuto presente. D. Divo arriva ad affermare sconsolato, che i suoi primi 6 anni di sacerdozio hanno prodotto un bel nulla, a preferire l’inferno, dove almeno è manifesta la Giustizia divina, ad una vita che lui sentiva vuota di Dio ma al tempo stesso le testimonianze dei palaiesi che assistono alle sue celebrazioni eucaristiche sembrano affermare il contrario perché questi escono dalla chiesa con la sensazione di aver assistito a qualcosa di straordinario. Barsotti fu un uomo solo di Dio perché il suo desiderio era la ricerca della volontà di Dio che lui diceva «essere Dio stesso» affermando la sua immersione in Dio per cui «il Papa e lo spazzino» avevano pari dignità; il suo era un monachesimo interiore che lo portava a privilegiare il rapporto con Dio più che quello con i fratelli che peraltro tanto amò e ebbe a soffrire molto, soprattutto nella sua prima esperienza alla Fornace. Di lui vengono ricordate infatti due caratteristiche tipiche del padre (umano o spirituale che sia) ovvero la tenerezza e la fermezza con la quale si rapportava con i propri figli e fratelli, senza sconti per nessuno solo se si trattava di "difendere" Gesù Salvatore anche a costo di essere scortese o spigoloso. Una figura che a ben vedere oggi, regno del politically correct, sarebbe alquanto scomoda anche per alcuni uomini di Chiesa , ma che sicuramente porterebbe avanti quella che riteneva dover essere la missione di ogni comunità monastica e al tempo stesso l’opera di Carità più importante ovvero "dare Dio alle anime". Questa quindi la sua grande missione, essere testimone della presenza del Mistero attraverso la ricerca continua e senza sosta della volontà di Dio. Barsotti trovò veramente pace solo al termine della propria vita terrena che fu tormentata da prove ed incomprensioni, oltre che da gioie e consolazioni. Una su tutte il doloroso distacco a metà degli anni 60, con il gruppo originario di fratelli che con lui avevano iniziato l’avventura della Comunità che decisero di stabilirsi proprio alle Fornaci di Collelungo. Nonostante queste ed altre vicissitudini, riuscì sempre a far passare il messaggio che «vale la pena vivere per Dio» e fu talmente credibile in questa sua certezza che la sua figura colpì tanto anche un grande teologo come Von Baltasar che arrivò a dire: «Barsotti ha dato al Cristianesimo uno splendore inaudito».
L’idea personale che mi sono fatto di D. Divo è che è stato un personaggio difficilmente catalogabile e alquanto scomodo per chi avesse tentato di farlo ma talmente innamorato di Gesù Cristo da darsi da solo una collocazione: "nell’altro mondo", perché diceva che il cristiano non può avere un cuore titubante ma eroico e deve essere appunto "un uomo dell’altro mondo". La bella giornata si è poi conclusa con la testimonianza di Vittorio che fu chierichetto di d. Barsotti quando era sacerdote a Palaia. La preghiera alla Madonna ha concluso una giornata intensa, dove il relatore ha saputo collocare la figura del Padre in modo veramente bello.