SANTA CROCE - Domenica 29 ottobre presso il centro parrocchiale di Santa Croce sull’Arno alla presenza del vescovo mons. Migliavacca e del parroco don Romano Maltinti, don Maurizio Pallù, sacerdote fiorentino missionario in Nigeria, liberato tre settimane fa a seguito di un rapimento, ha dato la sua testimonianza anche nella diocesi di San Miniato.
Don Maurizio, rapito due volte a distanza di un anno, ha sottolineato la coincidenza dei due rapimenti, avvenuti ambedue nella ricorrenza della Madonna di Fatima, il 13 ottobre. L’anno scorso sono stati rapiti il 13 ottobre e attraverso un miracolo della Madonna sono stati rilasciati dopo un’ora e mezza. Quest’anno sono stati rapiti il 12 ottobre, la vigilia della festa del miracolo del sole a Fatima. Stavano andando a Benin City dove i vescovi della Nigeria hanno celebrato la riconsacrazione della Nigeria alla Vergine Maria. Voleva partecipare a questa grande eucarestia invece, ha trascorso la sua giornata prigioniero nella foresta e ha ricevuto un segno dell’attenzione materna di Maria. La domenica hanno ricevuto la conferma che la Madonna e tutti i santi li avrebbero tirati fuori da questa situazione.
Tre ostaggi: il sacerdote, un confratello nigeriano, una studentessa nigeriana. Era un banda di rapitori, che li ha fatti camminare abbastanza verso un luogo solitario, avevano poco da mangiare, bevevano l’acqua del torrente, un’acqua marroncina... Tra questi vi era uno molto violento che percuoteva il religioso nigeriano con grande malvagità e rabbia. Se dopo il primo giorno non lo avessero allontanato dal gruppo, probabilmente don Maurizio e i suoi compagni di prigionia avrebbero fatto una brutta fine.
Pregare per l’altro anche quando ti perseguita, ti rapisce, è un linguaggio che tocca il cuore e va nel profondo dell’anima dell’uomo. Oggi siamo tentati dai media e dalla mentalità latente a far vedere tutto in contrapposizione: buono-cattivo, ciristiani-musulmani, destra-sinistra… e questo pone gli uomini uno contro l’altro e alimenta l’odio, invece che la comunione. La verità dell’uomo, invece sta nella sua debolezza, e i momenti culminanti sono la nascita e la morte. L’uomo crede di trovare la felicità cercando di arrampicarsi, aggrappando la sua vita al successo, al denaro o conducendo una vita dedicata allo sballo e per fare questo è costretto a mettersi delle armature!
Anche ai giovani viene sempre mostrata una società facile, senza problemi e tutta in discesa ma ciò che veramente li renderà adulti sono le difficoltà, le piccole sconfitte del quotidiano, lo sperimentare i propri limiti e vedere che Dio è sempre pronto a tendere la mano, a risollevarci dalle nostre cadute.
Non si tratta di essere buoni, perché quello è un atteggiamento che deriva da un mero sforzo umano, ma l’auspicio è aspirare ad essere santi e quindi testimoni di Dio. Il mondo, infatti ha bisogno di testimoni veri: non è sufficiente discutere, è necessario agire.
Don Maurizio conclude citando Madre Teresa di Calcutta: «Senza Dio siamo troppo poveri per aiutare i poveri».
Anche il vescovo Andrea è intervenuto per ringraziare il sacerdote perché con la sua storia di vita si è reso e si rende testimone e annunciatore del vangelo.