Balatresi

 

 

DALLA DIOCESI - Don Marco Balatresi, vice-parroco di Castelfranco di Sotto, è il nuovo assistente diocesano dei giovani di Azione Cattolica. Gli abbiamo rivolto alcune domande alla vigilia dell’assunzione di questo nuovo incarico.

Caro don Marco, raccontaci un po’ di te... della tua spiritualità e del cammino che ti ha portato al sacerdozio.

«Il mio cammino è iniziato per alcuni anni con un’esperienza nei francescani che mi hanno dato molto e che ringrazio nella preghiera ogni giorno. Sentivo tuttavia che mi mancava qualcosa. Mi affascinava l’idea di tornare a vivere più intensamente la pastorale della Chiesa e di trovarmi a contatto con la realtà quotidiana della gente in Parrocchia in tutte le sue dimensioni.

Probabilmente, il retaggio positivo che avevo vissuto a suo tempo nella mia Parrocchia di Marti con il gruppo giovani (del quale facevo parte), con il quale, abbiamo fatto sempre tanto sia per la parrocchia sia come gruppo con tante attività. Vivevo, una vita molto impegnata e intensa che mi ha dato tanto e che spesso ricordo con affetto anche per la grande amicizia che ci legava; e che tante volte ci ha visti riuniti in preghiera, ancora oggi quando ci vediamo con alcuni amici tornano in mente i ricordi. Sembra ieri, ma il prossimo aprile vivrò il mio 10° anniversario di Ordinazione sacerdotale e ringrazio il Signore sempre per aver posato il suo sguardo su di me come San Filippo Neri mi dico “tienimi una mano sulla testa Signore!”».

Il vescovo di Livorno, mons. Simone Giusti, nella sua lettera pastorale del 2017 indirizzata ai giovani, ha scritto con coloritura d’accenti che «i giovani sono splendidi e capaci di fare cretinate incredibili. Eroi nella solidarietà e primi attori nel narcisismo: tutto contemporaneamente». Espressione che in un baleno racconta il tumulto dei Vent’anni. Dal tuo punto di osservazione cosa puoi dirci dei giovani? Come vedi il loro mondo? Quali sfide pone la loro stagione anagrafica? 

«Devo essere sincero, mi rendo conto di quale abisso ci sia già tra la mia generazione a quella di oggi e quando mi fermo a riflettere noto che alcune priorità che c’erano ai miei tempi, oggi forse neppure le si considera. La sfida più grande credo sia quella di avere il coraggio di rallentare il passo, di fermarsi a riflettere, di porsi delle domande e cercarne le risposte nei luoghi giusti; in poche parole, confrontarsi e, per citare il titolo di un libro di un amico sacerdote, “Mettere Ordine” dentro di sé».

Nella contemporaneità sembra si sia consumato un divorzio definitivo tra i giovani e la fede. Niente però è più ingannevole delle apparenze e spesso la brace arde proprio sotto la cenere che appare spenta. Come giovane sacerdote a che punto è, secondo te, la Chiesa nella comprensione del complesso universo giovanile?

«Non saprei cosa risponderti, mi viene in mente, un’immagine della vita quotidiana, Quando un giovane arriva all’età in cui gli va stretto il rapporto con i genitori e le loro regole. Credo che i ragazzi, soprattutto gli adolescenti, vedano la Chiesa come la mamma o il babbo di turno che vincola, che “rompe sempre le uova nel paniere”, che li limita perché non possono fare quello che vogliono. Almeno, questa è l’idea che mi viene in mente e credo che la Chiesa debba cercare di cambiare approccio con loro. Ma se mi chiedi “come”, ti dico non lo so. Spero che lo Spirito Santo ispiri cuori e menti per trovare nuove vie».

Il Sinodo generale dei vescovi di ottobre sarà interamente dedicato a loro: Sinodo «sui giovani e per i giovani». Che cosa ti aspetti e cosa ti auspichi che emerga?

«Credo di aver già risposto sopra, con la speranza che lo Spirito ispiri menti e cuori per nuove vie. Tutto questo ovviamente partirà dall’ascolto incessante dei giovani durante il prossimo Sinodo».

Hai avuto già modo di esplorare il settore giovani dell’Azione Cattolica della nostra diocesi? Quali impressioni ne hai ricevuto? «Non molto, tranne qualche attività sporadica di collaborazione, vissuta in passato. Mi riprometto, dopo le feste Pasquali, di conoscere di più questo ambiente».

Quali sono le sfide che ti aspettano nell’incarico che il vescovo Andrea ti ha affidato? «Fondamentalmente, non ne vedo di particolari tranne quella che vivo ogni giorno come sacerdote e, credo, che ognuno a suo modo si trovi a vivere: trovare sempre nuovi stimoli e nuovo slancio per vivere e testimoniare il Vangelo nella quotidianità della vita, e trovare il modo di suscitarli in chi mi sta accanto».

Puoi svelarci qualcuno dei propositi programmatici che hai in agenda, rispetto ai giovani di AC?

«In questi pochi giorni non ho fatto molti programmi. Porto dentro di me un desiderio, quello sì - e forse lo metterei al primo posto - nel programma. Prima di questo però permettimi di dire ai giovani dell’AC che io entro in punta di piedi e sarò pronto ad ascoltarli sempre. Vi aspetto se lo vorrete! Torniamo a questo mio desiderio... Parto da una citazione di Saint-Exupéry che dice: “Amare non consiste nel guardarsi l’un l’altro ma nel guardare insieme nella stessa direzione”. Quando leggo queste parole pensando all’incarico che ho, spero di riuscire insieme ai ragazzi che condivideranno il cammino con me a guardare nella stessa direzione, quella del Cristo che illumina ogni uomo e che ci rende veramente capaci di poter guardare negli occhi il prossimo, che porta dentro di sé, per quanto spesso possa essere scomodo, la presenza di Cristo». Vuoi esprimere un tuo pensiero oltre a quanto richiesto da queste domande? «Sì, una cosa che chiedo a tutti: una preghiera per me! E, visto che ci sono, auguro una Santa Pasqua a tutti».

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