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SAN DONATO - Lo scorso Giovedì 24 gennaio mons. Migliavacca si è reso disponibile a vivere nella nostra parrocchia quello che papa Francesco ha fatto durante l’anno della Misericordia. Se il Papa ha vissuto «i venerdì della misericordia», il nostro vescovo ha vissuto «il giovedì della misericordia».
Accompagnato da don Simone Meini, il vescovo ha fatto visita ad alcune famiglie della parrocchia, ha potuto conoscere persone malate e anziane che vivono la fede forse un po’ nell’anonimato a causa della loro condizione e che in questa occasione hanno avuto la possibilità di conoscerlo.
Sono famiglie che vivono ogni giorno a contatto con la malattia, con l’infermità, con la sofferenza e il disagio che si fa quotidianità. Spesso vissute nella solitudine fra sentimenti di rabbia, sconforto e domande senza risposte, nell’indifferenza di un mondo sempre più frettoloso, sempre più occupato a fare altro e che non ha tempo per gli altri né voglia di confrontarsi con la sofferenza quotidiana. Ecco che allora la visita del vescovo ha rappresentato veramente per queste persone l’incontro con la misericordia di Gesù, la sua forza, la sua consolazione e soprattutto la sua luce di speranza.
SAN ROMANO - La giornata mondiale del malato, istituita venticinque anni or sono da Papa Giovanni Paolo II è servita a dimostrare, in tutto questo tempo, “il volto bello della Chiesa”. Molti sono, infatti, i malati che testimoniano con generosità la loro fede e molti sono gli operatori della carità che servono i malati con amore e competenza, riconoscendo nelle loro malattie le sofferenze della passione del Cristo.
Questa direzione, fatta propria dall’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute, ha trovato la sua risposta anche nella diocesi di san Miniato. A San Romano, presso il santuario di Santa Maria Madre della Divina Grazia, sabato 11 febbraio è stata celebrata la XXV giornata del malato. A presiederla, con l’invito di Fra’ Valentino e l’ospitalità dei frati francescani, mons. Andrea Migliavacca, vescovo di San Miniato.
Partendo dal Salmo responsoriale, Sua Eccellenza ha invitato gli ammalati a continuare a camminare nella legge del Signore,anche nella fatica della malattia ricordando come essi siano i protagonisti di tante pagine del Vangelo. Di fronte ai tanti malati accorsi alla celebrazione e ai tanti operatori volontari dell’AVO, della Misericordia e dell’UNITALSI ha sottolineato come anche la sofferenza trovi il suo posto nel mistero di Dio, in quella sapienza divina misteriosa di cui parla Paolo nella lettera ai Corinzi. È la sapienza di chi vuol gustare la dolcezza del Signore, il suo essere medico paziente, custode delle nostre sofferenze e delle nostre fatiche.
DALLA DIOCESI - Che cosa significa essere cattolici oggi? È una domanda che ci poniamo anche di fronte alle numerose prese di posizione da parte di esponenti della politica, ma anche di tanti cittadini comuni, dichiaratamente credenti ma che di fronte a quello che viene presentato come un progresso sociale sono pronti a seguire la corrente, anche quando questa si discosta dall’insegnamento ufficiale della Chiesa. Non stiamo parlando solo della spinosa questione delle unioni civili, ma di tutto quel pacchetto di riforme sociali che, presentate come conquiste del progresso, vanno a incidere pesantemente sul modo di considerare l’essere umano e la sua dignità.
Spesso viene invocata una svolta che papa Francesco avrebbe impresso al magistero della Chiesa, specialmente in campo morale, che avrebbe reso obsoleta l’impostazione dei cosiddetti “tradizionalisti”. Un miraggio che i mezzi di comunicazione principali hanno contribuito a costruire e a rilanciare tra il grande pubblico. Questo ha portato molti cattolici ad accogliere i progetti che ridefiniscono vita, morte, famiglia, genitorialità come se fossero qualcosa d’ineluttabile, come segni di civiltà e progresso a cui anche la Chiesa dovrebbe adeguarsi.
SAN MINIATO - L' Azione Cattolica, i giovani, il cammino della diocesi: questi i temi che mons. Migliavacca ha trattato questa settimana in questa intevista a La Domenica:
Eccellenza, l’Ac diocesana è a un momento importante della sua vita associativa con il rinnovo del Consiglio e dei responsabili di settore: come sta seguendo questo percorso?
«Parteciperò alla giornata dedicata all’Assemblea diocesana e sarà l’occasione per condividere la mia riflessione sull’AC in diocesi e per vivere insieme l’Eucaristia che dà il senso più vero del servire e del partecipare nella Chiesa.
Sto seguendo il cammino preparatorio incontrando alcune delle figure dei responsabili e degli assistenti e partecipando ad alcuni momenti associativi, come è stato in occasione della marcia della pace dell’ACR a Perignano. L’assemblea diocesana è momento vitale e decisivo del cammino di AC: si vive lo sguardo al cammino fatto e insieme si definiscono linee programmatiche per il futuro. Dall’Assemblea scaturisce anche il nuovo Consiglio diocesano, quindi le diverse presenze di laici, giovani ed adulti, disponibili ad assumersi una responsabilità. Sono grato a quanti servono e dedicano il loro tempo per l’AC».
A Pavia lei è stato per molti anni assistente di Ac, che cosa si ricorda di quel periodo?
«Ho avuto la fortuna e l’opportunità di vivere ruoli diversi come assistente: l’ACR da giovane prete, poi assistente del settore giovani, in seguito assistente unitario e per due trienni assistente regionale del settore giovani. Prima ancora ricordo che facevo parte dell’ACR da ragazzo al mio paese, Binasco, dove poi ero stato anche eletto nel consiglio parrocchiale di AC.
L’esperienza di AC mi ha dato l’opportunità di sperimentare fin da giovane prete la ricchezza della collaborazione e della condivisione con i laici. L’associazione è una realtà dove il prete svolte un ruolo importante, educativo anche verso i più giovani, animatore dei diversi carismi, ma insieme deve imparare ad ascoltare, camminare con altri, saper prendere decisioni non da solo, ma nel confronto con i laici. E’ una grande scuola di Chiesa, di partecipazione, di servizio. Come rettore del seminario a Pavia si è cercato di far conoscere l’AC ai seminaristi sia con alcuni incontri formativi in seminario sia con la partecipazione ai campi scuola: è sicuramente importante che un seminarista conosca da vicino l’associazione e poi possa da prete promuoverne la presenza in parrocchia, al di là delle proprie personali sensibilità. Inoltre un ricordo molto vivo è quello dei campi scuola estivi che si vivevano al Passo del Tonale. Bellissimi campi con l’ACR, gioco notturno nel bosco, preghiera e canti, camminate sui monti… I campi scuola sono esperienze affascinanti ed indimenticabili. In AC sono nate tante belle amicizie, ancora vive e forti. L’amicizia con i vari vicepresidenti dei settori e anche con chi è stato presidente diocesano, i legami nati grazie agli incontri nelle parrocchie. Porto nel cuore tanti volti e vari incontri che ancora mi arricchiscono.
Infine ho vissuto un tempo affascinante e insieme difficile dell’AC, soprattutto negli anni di presidenza nazionale di Paola Bignardi. La presidente, a cui va tanta gratitudine, ha promosso e accompagnato in AC un importante cammino di rinnovamento e di riforma che ci ha aiutato a scoprire il ruolo associativo e la bellezza di servire la Chiesa come Azione cattolica, nel nostro tempo e nel nostro Paese. Certamente sono stati anni in cui si sono ridotti i numeri degli associati e le occasioni di presenza dell’associazione, ma non è venuta meno la passione di chi tanto ha dedicato per la vita dell’azione cattolica. I vescovi di allora, mons. Volta e poi mons. Giudici hanno sempre in modo molto convinto sostenuto il cammino di AC in diocesi e questo è stato di grande importanza».
Qual’ è, secondo lei, lo specifico carisma che quest’associazione ha anche rispetto alle altre realtà ecclesiali di San Miniato?
Ogni aggregazione laicale, movimento, associazione, gruppo ha un proprio carisma, un proprio posto nella Chiesa e nella comunità diocesana e va scoperto come ricchezza, come dono, come presenza da valorizzare, benedire e promuovere. Colgo l’occasione per dire una parola di ringraziamento a tutte le aggregazioni ecclesiali presenti in diocesi e che la rendono così viva e vivace.
L’azione cattolica di cui già il Concilio Vaticano II parla e che di nuovo sceglie come associazione essenziale per il cammino di Chiesa, la cui storia viene da molto lontano, è l’unica associazione riconosciuta dai vescovi che ha come carisma la missione propria della Chiesa particolare. Significa che l’AC non ha un proprio programma da perseguire ma, in collaborazione con i pastori, serve il fine primario della Chiesa, la sua missione, la sua pastorale. E’ l’associazione che si affianca e accompagna il cammino concreto della Chiesa nella sua collocazione diocesana, in comunione con il vescovo.
In particolare è proprio dell’AC un compito formativo: essa deve contribuire alla formazione dei laici perché ci siano nella comunità laici maturi. Inoltre l’AC ha un compito apostolico: si tratta appunto di lavorare per la missione della chiesa che è la pastorale ordinaria della diocesi.
Tenendo conto di questo orizzonte l’AC ha poi una propria metodologia, strumenti, esperienza, attenzione alla promozione dei laici che la rende una presenza ricca ed efficace.
È molto importante, si può comprendere, il legame diocesano e anche la presenza dell’AC nelle singole parrocchie: solo così può efficacemente promuovere una formazione e attivarsi per la missione apostolica.
Infine va ricordata la specificità del tesseramento: si chiede di associarsi all’associazione aderendo con una tessera. Questo mette in luce la dimensione associativa che è un valore aggiunto, una ricchezza nel vivere il proprio essere cristiani nella comunità.
Così diceva all’AC papa Francesco nell’udienza del 3 maggio 2014: “Andare. Mai un’azione cattolica ferma, per favore! Andare per le strade delle vostre città e dei vostri Paesi, e annunciare che Dio è Padre e che Gesù Cristo ve lo ha fatto conoscere e, per questo la vostra vita è cambiata: si può vivere da fratelli, portando dentro una speranza che non delude. Ci sia in voi il desiderio di far correre la Parola di Dio fino ai confini, rinnovando così il vostro impegno a incontrare l’uomo dovunque si trovi, lì dove soffre, lì dove spera, lì dove ama e crede, lì dove sono i suoi sogni più profondi, le domande più vere, i desideri del suo cuore. Lì vi aspetta Gesù. Questo significa: andare fuori. Questo significa: uscire, andare uscendo”. Questo è il carisma dell’AC».
Che ruolo immagina per l’ac in diocesi?
«Penso che il nuovo Consiglio diocesano, a partire dal cammino diocesano, tenendo conto anche della mia lettera pastorale, comprendendo le diverse necessità e urgenze della nostra comunità dovrà individuare alcuni obiettivi e delle strategie per essere una AC presente e operativa. Spero di poter partecipare e contribuire in questa prima operazione di comprensione e di discernimento.
Mi auguro poi che l’AC possa gradualmente essere presente in tutte le parrocchie della diocesi, con gruppi reali, con associati, con diverse attività. Sarebbe proprio bello una ACR presente in ogni parrocchia, dei gruppi giovani, la presenza degli adulti… Sto forse sognando? Conosco bene le difficoltà dell’AC, ma non ho smesso di crederci e di ritenere che essa è strumento necessario per la pastorale nella parrocchia e quindi anche diocesana.
Immagino anche una ACR divertente, capace di animare ed educare i ragazzi così che, ad esempio, alla prossima marcia della pace siano presenti tante parrocchie della diocesi con i loro ragazzi…
Spero in una AC capace di offrire veri cammini spirituali ai giovani, attenta al cammino vocazionale, al discernimento e… quindi una associazione da cui anche nascano nuove vocazioni giovanili al sacerdozio e alla vita consacrata.
Penso ad una AC adulti realmente presente, capace di aggregare le famiglie, attenta agli anziani, prima responsabile dell’educazione dei ragazzi e dei giovani, terreno in cui maturano autentiche disponibilità al servizio nella Chiesa.
Vorrei raccomandare l’AC a tutti i preti della diocesi: è un bel regalo che la chiesa ci fa».