femminicidio

SOCIETA' -  Il femminicidio è un fenomeno atroce e devastante che è pericolosamente radicato nella nostra società. Ogni giorno sia in Italia che nel resto del mondo tantissime donne subiscono violenze. In questo fenomeno sono coinvolte tutte le forme di discriminazione e violenza di genere che annullano la donna nella sua identità e libertà mediante maltrattamenti, violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, economica e patrimoniale. Molte donne ancora oggi non dicono di aver subito violenza ma si nascondono, per paura, dietro all’incidente domestico oppure decidono di non denunciare le minacce del marito o dell’ex marito, sempre nella speranza che le cose possano migliorare.


L’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul, convenzione del Consiglio d’Europa contro la violenza sulle donne il 19 giugno 2013. Ma da allora questi crimini di genere non sono diminuiti. Il 2013 è stato l’«anno nero» per il femminicidio nel nostro Paese, il più cruento: 179 donne uccise. Nel 2014 le vittime sono state 152, nel 2016 150 e nel 2017 121. Quest’anno ne sono già state uccise 30. Un bollettino di guerra. Ma da chi vengono uccise tutte queste donne? Dai loro partner, che non hanno sopportato un no, non hanno tollerato di essere stati abbandonati, non hanno accettato che la loro ex avesse un nuovo legame affettivo. È questo il risultato del pensiero che deriva da una cultura biecamente maschilista che ancora oggi serpeggia nei nostri paesi e nelle nostre famiglie: la donna è un oggetto di mia proprietà e solo io uomo posso decidere di lasciarla, diversamente ho il diritto di rompere questo oggetto. Non stupitevi e non scandalizzatevi, il modus operandi vigente è proprio questo e lo dicono fior di esperti. Non si riconosce alla donna lo status di essere umano libero e autonomo. Gli uomini che hanno ucciso le loro ex, mogli, fidanzate o compagne, non sono malati psichici, ma sono perfettamente in grado di intendere e di volere. Quante volte per esempio sentiamo, da parte di madri di ragazzi, discorsi del tipo: «Se una donna viene violentata la colpa è sua, si dovrebbe vergognare». Queste illuminate signore vogliono forse mettere le mani avanti qualora i loro figli combinassero qualcosa? Da una sottocultura del genere cosa ci dobbiamo aspettare?
«Quello del femminicidio - ha dichiarato lo scrittore ed ex magistrato Gianrico Carofiglio - è un fenomeno gravissimo, frutto di un’arretratezza culturale del nostro Paese». Il femminicidio è la punta dell’iceberg: il visibile del virus maschilista, che continua a procedere grazie agli stereotipi sessisti. Questi stereotipi accettati per secoli creano quell’omertosa solidarietà sociale, che è l’invisibile supporto della sindrome maschilista. Le donne hanno paura a denunciare e questa titubanza spesso le conduce alla morte. Le donne, vittime anch’esse di una cultura maschilista, pensano che la possessività e la gelosia di un uomo sia sintomo di un grande amore e anche questo pensiero spesso le conduce alla morte o comunque ad una vita grama e priva di dignità e libertà. Ma anche quando viceversa denunciano subito le percosse e le minacce del marito, del fidanzato o del loro ex, il loro grido di aiuto sovente non viene preso nella dovuta considerazione, in molti casi, non si considera pericoloso l’atteggiamento aggressivo di molti uomini e purtroppo le cronache sono piene di storie finite male a causa di una mancata attenzione da parte delle varie istituzioni. A confermarcelo è proprio un magistrato: «Le leggi che dovrebbero contrastare questi atti brutali e violenti ci sono - ha dichiarato il magistrato Fabio Roia - il problema è che non vengono applicate con la necessaria competenza né con quella tempestività che sarebbe indispensabile, ed è questa diffusa "timidezza interpretativa" - sostiene Roia - a far sì che troppo spesso non si intervenga con provvedimenti adeguati nei confronti degli uomini violenti». Sotto il profilo penale, d’ora in poi sarà rilevante la relazione tra l’aggressore e la vittima di violenza. Basta un legame sentimentale per fare scattare una pena più pesante nei confronti del condannato, ma non sempre il magistrato di turno applica questa interpretazione. Se le forze dell’ordine sorprenderanno una persona nell’atto di commettere i reati di maltrattamenti in famiglia e di stalking, dovranno arrestarlo all’istante, ma è estremamente difficile se non improbabile che le forze dell’ordine riescano a sorprendere sul fatto un uomo che tenta di picchiare o uccidere una donna. All’orizzonte si profila solo una soluzione: madri femministe che educano i loro figli maschi con valori e principi diversi.
Molti giovani uomini dicono che avere una madre femminista ha permesso loro di capire meglio le donne, di aver fiducia in loro e li ha condotti a scegliere delle compagne forti e indipendenti. La maggior parte di loro in conseguenza a questa educazione sa riconoscere la discriminazione contro le donne, il sessismo e la misoginia e li trova inaccettabili ed ha rapporti più ugualitari, più armoniosi con la compagna. Diversi anni fa, in Norvegia fu creato uno spot pubblicitario dove si ironizzava su alcuni esempi di incultura nazionale italiana nella fattispecie sull’educazione del maschio latino: madri anziane che accudiscono figli che, pur non avendo segni di handicap fisici o psichici, si fanno imboccare, pulire, stirare e venerare come persone talmente importanti da non poter svolgere alcuna banale attività quotidiana in casa. Da parte di queste donne con una cultura patriarcale non ci possiamo aspettare solidarietà purtroppo, spesso educano i loro figli a pensare di essere i più belli e i migliori, e che nessuna ragazza li meriti. Certe madri danno ai figli maschi un’immagine della donna come soggetto tentacolare che mira a manipolarli, e che come tale è da temere, o da tenere a bada, o da non prendere sul serio. Per lungo, lungo tempo c’è stata una preferenza delle madri per i figli maschi. La cronaca ci mostra come dietro un uomo violento, spesso ci sia ancora una madre complice. Basta ricordare il caso della ragazzina stuprata dai coetanei a Montalto di Castro: l’intera comunità, incluse le madri degli stupratori e il sindaco, minimizzarono il fatto «una ragazzata» dissero e si schierarono contro la vittima, dalla parte dei carnefici.
Normalmente, gli uomini, su questi temi non si esprimono ma dopo l’ultimo femminicidio avvenuto a Parma lo scorso anno, un gruppo di uomini decise di uscire dal guscio costituendo «Maschi che si immischiano», che per ora è il nome di un comitato e di una pagina Facebook, comitato che ha sfilato accanto alle donne e che in futuro potrebbe diventare qualcosa di più. Per questo chiediamo a tutti gli uomini di buona volontà: fate sentire la vostra voce in difesa delle donne e contro quella minoranza di maschi che non rendono onore al genere maschile. Tutti voi siete i padri, i figli, i fratelli, i nonni gli zii e gli amici di diverse donne, abbracciate e fate vostra la preghiera di don Tonino Bello che si batteva contro i maschi prepotenti e sosteneva: «Se è vero che ogni cristiano deve accogliere la sua croce, è vero anche che deve schiodare tutti coloro che vi sono appesi».

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