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C'è un posto in questo mondo dove un sogno, o meglio l’incubo, si incarna in una realtà drammatica. Un luogo dove, per dirla con Pirandello, la verità quotidiana supera di gran lunga la fantasia di un autore. Questo luogo è "Finis Terrae", posto ai confini della terra, dove si incontrano due umanità diverse: quella di due briganti distratti e quella degli ultimi degli ultimi, dei dannati di questo mondo. L’opera di Gianni Clementi andata in scena sul palco di Piazza Duomo in occasione della 68ma edizione del Dramma colpisce allo stomaco in tutta la sua crudezza, mescolando comicità e tragedia.


Peppe e Cabrieli, due briganti part time, arrotondano contrabbandando sigarette. Nella Santa Notte di Natale si ritrovano in una spiaggia battuta da venti di tempesta e , loro malgrado, sono spettatori di uno sbarco di "neri" come li definisce Peppe. Nicola Pistoia e Paolo Triestino interpretano i due strampalati personaggi in modo eccezionale, portando sul palco il vero nucleo portante della vicenda: la nostra inettitudine, la grottesca e infantile visione della vita, che ci rende impreparati a vivere lo «spirito» di questo tempo.
La tradizionale sera di Natale, fatta di recite scolastiche e di opulenti cenoni, ritorna nei racconti dei due nostri complici, mentre, all’orizzonte, si staglia una drammatica realtà: lo sbarco dei migranti.
Tra sogno e verità, i due assistono all’arrivo di barconi fatti di croci che scaraventano sulla terra i corpi di veri e propri schiavi, trascinati e frustati da uno scafista, moderno Caronte.
Citando il III canto dell’inferno dantesco, sprofondiamo giù nelle viscere della terra, di Medea, che per Yussuf, uno dei naufraghi "mette al mondo e poi ci seppelisce, stringe al collo le mani contro quel sole che tutto inaridisce".Una madre terribile e allo stesso tempo amorevole, che fa scappare lontano i propri figli in cerca di un paradiso terrestre che non c’è: al di qua del mare infatti, se sopravvissuti, troveranno un altro inferno d’indifferenza e sordità.
Un inferno cui assistono ancora Peppe e Cabrieli, impotenti di fronte all’imminente parto di una donna (interpretata da Ashai Lombardo Arop),l’unica, che porta in grembo il figlio della violenza e dell’odio; inermi davanti alla violenta reazione dei "neri", intenti a crocifiggere il loro Caronte (Francesco Benedetto). Una rivolta drammatica, che porta anche sul palco le musiche e i balli propri di una cultura a noi sconosciuta che si vuole mostrare in tutta la sua bellezza, in tutta la sua forza. Qui termina il sogno dei due personaggi, che, una volta destati, nella realtà rimangono sulla spiaggia in attesa del vero carico di migranti e di quel "mamminu" che nasce, a cui stonano una ninna natalizia. E mentre i due strampalati protagonisti cullano il nuovo arrivato, una voce fuori campo recita l’inquietante "Profezia" di Pasolini.
Uno spettacolo profondamente diverso quello di quest’anno. Un’opera forse meno spirituale o introspettiva, ma di grande impatto emotivo nella quale traspare la volontà di riproporre il teatro come lettura artistica del presente. Una lettura che mette a nudo le nostre fragilità e le illusioni: la sapiente regia di Calenda, con la complicità delle stupende scene di Paolo Giovanazzi e alle coreografie di Jacqueline Bulnes, hanno reso Finis Terrae uno spettacolo autentico, che non fa sconti a nessuno, unico, che merita davvero di essere visto.

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