MARCIGNANA - Proseguiamo con le nostre interviste ai sacerdoti che hanno fatto di recente ingresso in una nuova parrocchia. Siamo andati a trovare don Luis Solari, 67 anni, originario di Buenos Aires, penitenziere del Santuario della Madre dei Bimbi di Cigoli, Cancelliere vescovile e da poco anche parroco a Marcignana, dove è subentrato a don Stanislas Ngendakumana.
Don Luis vive stabilmente in Italia dal 2005. Con franca cortesia ci racconta come ha conosciuto la nostra diocesi e quali eventi lo hanno portato a restare qui tra noi: "I miei genitori erano italiani originari di Massarosa in provincia di Lucca. In famiglia, fin da piccolo, ho sentito parlare dell’Italia e dei parenti al di là del oceano. Perfino il ricordo degli aneddoti di paese costellava il racconto che i miei genitori facevano della loro terra. Sono venuto stabilmente in Italia una prima volta dopo l’ordinazione sacerdotale, negli anni ’91-’92, per studiare Sacra Scrittura a Roma. Soggiornando nella Città eterna, approfittavo spesso per venire qui in Toscana, proprio a Massarosa, per conoscere parenti, persone e luoghi raccontati dai miei. Il parroco di Massarosa mi alloggiava in canonica, ed io gli davo una mano con le confessioni e le messe. In seguito quel parroco venne nominato Vicario Generale della arcidiocesi di Lucca, e al suo posto arrivò don Fausto Tardelli, proprio colui che alcuni anni dopo sarebbe stato nominato Vescovo della nostra Diocesi. Alla luce di questa conoscenza, nel 2004 chiesi a Mons. Tardelli di fare un’esperienza pastorale in Italia presso la diocesi di San Miniato, dove poi sono stato definitivamente incardinato.
Ci vorresti raccontare qualcosa della tua spiritualità e del cammino che ti ha portato al sacerdozio?
Il mio percorso è stato molto simile a quello di tanti giovani oggi: anche per me la cresima è stato il sacramento del congedo, in età già matura ero ormai divenuto un non praticante.
Il ritorno di fiamma - ma direi proprio il colpo di fulmine verso Gesù Cristo - arrivò sul posto di lavoro, dove un collega che frequentava una setta tentò di conquistarmi con le sue idee e con la sua visione del mondo. Ma, sia perché allora non avevo le adeguate conoscenze per confrontarlo, sia perché non ero interessato al suo discorso, lasciai cadere i suoi inviti e stimoli. Ma quell’incontro svegliò in me la curiosità per il vangelo, tanto che mi tuffai immediatamente nella lettura sistematica del vangelo di Matteo. Leggere però non mi bastava, incominciai allora a riflettere e poi a meditare quanto leggevo. Potrei dunque risponderti dicendoti che la mia conversione e la sostanza della mia spiritualità è fatta della stessa sostanza del Vangelo.
Il passo successivo, come il figliol prodigo, fu quello di tornare nella mia parrocchia d’origine a Baires. Il parroco era un sacerdote italiano di origine calabrese. Rapidamente attinsi da lui il grande amore che aveva per la Chiesa e le missioni. È grazie a questo sacerdote calabrese se ho potuto riflettere sull’ ecclesiologia alla luce del Concilio Vaticano II.
Ormai era cambiato qualcosa in me e definitivamente: sentivo la chiamata alla vocazione sacerdotale. Mi trovai allora un direttore spirituale, il quale era anche un grande predicatore degli esercizi spirituali di S. Ignazio. Figura, quella ignaziana, che da allora resterà decisiva nel mio percorso.
E infine ciò che ha coronato e segnato la mia spiritualità è stato il pontificato di Giovanni Paolo II, per me autentico maestro di devozione mariana.
Recentemente ci confidavi proprio della tua profonda venerazione per Giovanni Paolo II e di quanto sia stato decisivo il suo magistero per la tua formazione. Ci racconti qualcosa di più?
L’Argentina è un paese di immigrati e il vescovo della diocesi in cui ho fatto il seminario - durante il pontificato di Giovanni Paolo II - era figlio di immigrati polacchi. Con quel vescovo ci siamo formati nel magistero e nella spiritualità di Papa Wojtyla, così carismatico, così profondamente umano, orante e mariano.
Argentino e sacerdote, in Italia al tempo del pontificato di papa Francesco. Che effetto fa?
Effetto molto positivo… anzi è un vero dono di Dio. L’Argentina è una patria, ma è parte - secondo anche le suggestive parole di Papa Francesco - di una Patria più grande ancora che è L’America Latina. Proprio questo il Papa sta insegnando con i gesti e con la vita, che il nostro lacerato mondo, ha nella Chiesa una vera casa comune per tutta l’umanità. Personalmente mi sento profondamente interpellato dal richiamo del Papa a uscire dall’individualismo in favore dei poveri del vangelo, superando barriere e pregiudizi.
Nei mesi scorsi il Museo Diocesano di San Miniato ha ospitato una piccola mostra di tuo fratello che è pittore di un certo calibro. La cosa ci incuriosisce. Come è nata l’iniziativa?
Si, mio fratello Pablo è un valentissimo pittore, conosciuto e apprezzato anche al di fuori dell’Argentina. Lo scorso anno aveva esposto a "Fabriano in Acquarello" e poi a Lucca e Genova. E in previsione di esporre in Italia anche in questo 2018, ha lasciato a casa mia tre quadri. Anziché tenerli rimpiattati nel mio appartamento, ho avuto l’idea di offrirli al Museo Diocesano perché venissero esposti fino a che mio fratello non me li avesse richiesti. La cosa è stata ben accolta e ha avuto un certo successo. Ringrazio per questa disponibilità il nostro Museo Diocesano.
Puoi fare un bilancio di questi tuoi anni nel nostro Paese?
Il bilancio è molto soddisfacente, sia dal punto di vista personale, che pastorale e sacerdotale. Qui ho approfondito moltissimo la comprensione delle mie radici culturali, la conoscenza dell’arte e dei luoghi sacri d’Italia e d’Europa. La vicinanza di Roma, cuore della Chiesa, ha rinforzato il mio sacerdozio. In Argentina, nella terra alla "fine del mondo", i battiti della Madre Chiesa forse non li avrei percepiti così chiari come qui.
Cosa hai detto ai parrocchiani al momento del tuo ingresso?
A partire dal 2014, per problemi di salute, avevo smesso di fare il parroco. Ho prima di tutto ringraziato nostro Signore che mi ha chiamato nuovamente alla cura delle anime. Ho poi ringraziato il nostro Vescovo Andrea, che mi ha affidato la parrocchia di S. Pietro a Marcignana. Ho salutato con gioia la viva partecipazione di tutta la comunità al mio ingresso. Desidero impegnarmi al massimo in questa nuova "chiamata", in modo da non deludere le aspettative di nessuno. Ho anche manifestato i miei limiti, limiti di energie - per la salute - e di tempo; parallelamente continuerò infatti a svolgere il mio servizio anche nella Cancelleria Vescovile. Conto sul sostegno e la preghiera di tutta la comunità.
Quali sono le sfide che ti aspettano nella tua nuova parrocchia di Marcignana?
Le sfide le posso intravedere ma non le conosco ancora chiaramente. Posso però dire che mano a mano che si paleseranno, le affronteremo nella condivisione e nel discernimento davanti a Dio, perché il primato vada sempre alla Sua volontà.