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SAN MINIATO - «In realtà né don Ruggini né padre Davanzati sono mai stati chiamati in questo modo», ha sottolineato don Marrucci. La qualifica di “direttore artistico” non è mai piaciuta a don Luciano, il primo a riceverla. La introdusse il regista Franco Enriquez nel 1978, ha riferito don Marrucci, all’epoca dello spettacolo Eloisa e Abelardo, “perché aveva bisogno di qualcuno con cui litigare”. Ma il prete è qualcosa di diverso dall’art director. Dev’essere l’anima di un’istituzione. E così è stato fin dai primi passi del Dramma Popolare di San Miniato: don Micheletti, don Ruggini, il gesuita padre Davanzati, don Marrucci, il salesiano don Bongioanni e ancora il sacerdote sanminiatese, sono stati la vera e propria anima del Teatro dello Spirito nel XX secolo.


È per omaggiare queste importanti figure che l’attuale cda, presieduto dal dott. Marzio Gabbanini, ha voluto consegnare un riconoscimento ai preti che hanno fatto la storia del Dramma. Padre Davanzati e don Marrucci, gli unici in vita, hanno ricevuto la targa lo scorso 25 settembre, a palazzo Grifoni. L’occasione ha dato loro la possibilità di rievocare – e al folto pubblico di gustare – la rievocazione a tratti commossa, a tratti venata dal caustico spirito toscano, degli anni del loro impegno sulla scena sanminiatese.
All’evento ha partecipato Masolino D’Amico, celebre critico teatrale, di recente nominato consulente artistico del Dramma. D’Amico ha introdotto la figura dei due sacerdoti, accennando al suo primo incontro con don Marrucci e all’amicizia di lunga data con padre Valentino Davanzati. Quest’ultimo ha ripercorso la propria storia d’amore con il teatro e, in particolare, gli anni di San Miniato, dove fu chiamato da don Ruggini per proseguire l’opera del Teatro dello Spirito mantenendola fedele all’originaria ispirazione cristiana. Ancora oggi il gesuita novantenne organizza spettacoli teatrali nella casa di riposo dove risiede. La passione per il teatro non muore mai.
Don Marrucci, da parte sua, ha tratteggiato le vicende del Dramma sanminiatese, enucleando momenti significativi in cui il teatro si è fatto quasi liturgia (il pubblico che si fece spontaneamente il segno della croce durante la rappresentazione di Assassinio nella cattedrale) e si fonde con la vita (i corvi che si levarono in volo dalla torre campanaria del Duomo e continuarono a volteggiare sul pubblico dopo la scena della fucilazione del Potere e la gloria).
A commento degli interventi dei due sacerdoti, Andrea Giuntini ha letto brani dei testi teatrali “Savonarola” e “Ipazia e il Messaggero”. Le letture sono state introdotte con profondità e competenza dalla coordinatrice dell’incontro, Laura Baldini.
Don Piero Ciardella, attuale direttore artistico del Dramma, ha concluso chiedendosi perché un sacerdote, oggi, dovrebbe assumere questo ruolo. Ha individuato due motivi: il primo è l’invito, rinnovato da papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, a riscoprire la bellezza come via privilegiata a Dio; il secondo è che il sacerdote ha il compito di mettersi in ascolto delle ansie e delle speranze degli uomini, che sono espresse così fortemente nel teatro. Il teatro, d’altra parte, è una forma di inculturazione del Vangelo e, questa è l’intuizione alla base del Dramma Popolare, un’esperienza dello Spirito.
Padre Davanzati e don Marrucci hanno ricevuto, oltre al riconoscimento del Dramma Popolare, anche il premio del Rotary Club di San Miniato, consegnato dal presidente Michele Altini.
Sono intervenuti ad apertura e conclusione dell’evento il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato, Antonio Guicciardini Salini e il presidente della Fondazione Istituto Dramma Popolare, Marzio Gabbanini.
Al termine, a tutti i partecipanti è stato fatto omaggio di una stampa numerata del manifesto di Finis terrae, opera del maestro Gianfranco Giannoni.

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