CASTELMARTINI -Lo scorso 30 aprile Papa Francesco, celebrando i 150 anni della nascita dell’Azione Cattolica, si è rivolto con questa bella espressione a decine di migliaia di giovani presenti in Piazza San Pietro. Inutile dire che fa riflettere e molto. Potremmo dilungarci nel parlare della politica come vocazione, del bisogno di politici coerenti, di sani valori, ecc... Ma qual è l’apporto specifico di un cristiano in politica? Cosa ci aspettiamo di vedere da lui in particolare? Se volessimo dirlo con una frase potremmo dire: i princìpi non negoziabili. È vero che se sono princìpi di per sé non sono negoziabili. Sono però quei princìpi su cui si impianta la vita di ogni cristiano, compreso quello impegnato in politica. Su questo tema devo dire con sincerità che si riscontra una certa confusione anche tra i cattolici o coloro che si dicono tali. Dico così perché accade di frequente, in ambito politico come altrove, che ci si professi cattolici ma poi nelle scelte concrete non sia proprio così. È purtroppo comune anche una bassa conoscenza della nostra stessa religione con i suoi fondamenti, princìpi e valori. La Parola di Dio, il catechismo (a firma dell’indimenticato Giovanni Paolo II), la dottrina sociale della Chiesa, i documenti del Magistero del Papa anche riguardo a questi temi, rimangono poco conosciuti.
Ma quali sono questi princìpi?
I testi fondamentali del magistero che ce lo dicono sono tre. Al paragrafo 4 della Nota dottrinale su alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, Congregazione per la Dottrina della Fede (24 novembre 2002) sono indicati i seguenti princìpi non negoziabili: vita, famiglia, libertà di educazione, tutela sociale dei minori, libertà religiosa, economia a servizio della persona, pace.
Nell’Esortazione apostolica post sinodale Sacramentum caritatis sull’Eucaristia del 22 febbraio 2007 (par. 83), Benedetto XVI cita vita, famiglia e libertà di educazione a cui aggiunge il bene comune.
Nel Discorso ai Partecipanti al Convegno del Partito Popolare Europeo del 30 marzo 2006, Benedetto XVI elenca vita, famiglia e libertà di educazione.
Tre princìpi sono sempre presenti e sempre collocati all’inizio di ogni elenco, in posizione quindi eminente; vita, famiglia e libertà di educazione. Hanno quindi un carattere fondativo: nessun altro dei princìpi successivi può essere né adeguatamente compreso né efficacemente perseguito senza di essi, mentre non accade il contrario.
È possibile, per esempio, garantire la tutela sociale dei minori se ai minori si impedisce di nascere? Inoltre che quei tre princìpi ci pongono davanti a degli assoluti morali, ossia ad azioni che non si devono mai fare in nessuna circostanza. Per gli altri princìpi elencati nella Nota del 2002 non è così. Per esempio, essa annoverava tra i princìpi non negoziabili anche una "economia a servizio della persona". Tuttavia, per perseguire la piena occupazione le strade possono essere diverse. Nel caso, invece, dei tre princìpi di cui ci stiamo occupando, non ci sono strade diverse.
C’è solo un altro principio tra quelli elencati nella Nota del 2002 che potrebbe contendere il "primato" a questi tre: il principio della libertà di religione. Però il diritto alla libertà religiosa non è assoluto, in quanto vale solo dentro il rispetto della legge di natura, il cui rispetto è fondamentale per il bene comune. Professare e praticare una religione che contenga elementi contrari alla legge naturale non può essere un diritto né avrebbe titolo morale per un riconoscimento pubblico.
Da questa considerazione deriva che se mancano i primi tre princìpi, tutto l’elenco viene meno, mentre se ci fossero solo i primi tre, ci sarebbe già il nucleo portante di tutto il discorso.
Si potrebbe parlare, magari in altra occasione, anche della obiezione di coscienza quando questi princìpi sono fortemente messi in discussione.
Sono quindi di primaria importanza per chi voglia portare in modo coerente il contributo cristiano, usando correttamente il nome di cattolico, negli ambiti politici, sociali, culturali e pubblici a tutti i livelli. Talvolta anche persone molto vicine agli ambienti ecclesiali, cresciute in parrocchia, assumono poi posizioni opposte ai valori che ritengono di rappresentare in quanto cattolici, disconoscendo di fatto le proprie radici, forse senza saperlo. È segno evidente di una certa confusione che si trasmette anche a chi ci ascolta e ci guarda. È chiaro anche come non basti esser battezzati, aver fatto il chierichetto e il catechismo e neanche esser praticanti per potersi pronunciare su certi temi così delicati. Occorre quindi avere ben chiaro come si traduce la nostra fede rispetto a determinati aspetti della vita umana, avere nel cuore e nella mente questi princìpi "non negoziabili" ed annunciarli nella loro attualità, mai fuori moda perché radicati nella natura umana illuminata dalla Scrittura. È annuncio del Vangelo ridire senza sosta nell’oggi il progetto grandioso di Dio sulla famiglia, come Lui l’ha pensata, la missione con la quale l’ha rivestita, la sua impareggiabile dignità. Prima ancora riconoscere la vita umana dal concepimento alla sua naturale conclusione. Dopodichè accoglienza verso tutti, rispetto, apertura, dialogo, carità ma sempre nella verità, nella fedeltà ai valori della nostra identità cristiana. I due ingredienti da coltivare e da chiedere a Dio sono formazione e coraggio dell’annuncio. Sono essenziali per un contributo davvero cattolico nella vita pubblica, che non ceda a silenzi ingiustificati, mancate prese di posizione su temi quanto mai importanti, col rischio di rinchiudere la fede nella vita privata. Dall’altra parte neppure scadere in una rappresentanza incoerente o disancorata al pensiero e alla dottrina della Chiesa.
Interceda dal cielo San Tommaso Moro, che nel 2000 Giovanni Paolo II ha proclamato protettore dei governanti e dei politici cattolici.