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ROMA - Un’équipe di 5 osservatori per 5 sacerdoti disposti a mettersi in gioco sul terreno difficile dell’omelia: questo il senso del progetto Cei denominato «progettOmelia», ideato dall’Ufficio liturgico nazionale in collaborazione con l’Ufficio comunicazilni sociali e l’Ufficio catechistico.
Si tratta del primo corso di formazione omiletica permanente per presbiteri e diaconi.:“ProgettOmelia” si offre come occasione per approfondire gli aspetti comunicativi della predicazione. Un’esigenza importante per chi è chiamato a svolgere il servizio della Parola. Lo stesso papa Francesco ricorda infatti come «la preoccupazione per la modalità della predicazione è anch’essa un atteggiamento profondamente spirituale».
La nostra diocesi partecipa al progetto assieme ad otto diocesi a livello nazionale. Un primo incontro dell’équipe si è svolto sabato scorso, 18 giugno, presso la prestigiosa sede della Pontificia Università Gregoriana di Roma.

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DALLA DIOCESI - Il volto fresco dei giovani presenti l’altra sera in Piazza del Duomo è senz’altro il primo grosso scossone che il Vescovo Andrea ha dato alla diocesi di San Miniato.
Mons. Andrea Migliavacca ha frequentato per tutta la vita gli ambienti dei giovani, sia ecclesiali che non. Conosce bene le dinamiche, i pregi e i difetti della pastorale giovanile, le proposte e linee della Chiesa riguardo ai giovani.
Egli viene da una delle città universitarie più importnati d’Italia, Pavia, e sa bene quali difficoltà ma anche quali stimoli può offrire un rapporto profono col mondo giovanile.
E questo suo bagaglio di vescovo in ascolto dei ragazzi lo sta portando prepotentemente anche qui da noi, in un territorio che viene da ben altra storia rispetto a quella virtuosa e bella degli oratori nella ridente Lombardia.

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DALLA DIOCESI - Una Piazza del Duomo così non si era mai vista. Tanti giovani, tante famiglie, hanno risposto all’invito del vescovo per un aperitivo all’aria aperta, un’occasione per incontrarsi, scambiare quattro chiacchiere, conoscersi meglio. L’iniziativa ideata direttamente da Sua Eccellenza, messa in atto e coordinata dal Servizio di Pastorale Giovanile, ha sopreso tutti, portando molta gioventù e tanti curiosi in una inedita Piazza Duomo, quasi trasformata in un giardino.
Il vescovo ha aperto la serata con un saluto diretto ai più giovani: «Ho pensato ad alcune parole che voi ragazzi potreste dire a noi stasera – ha esordito il presule –. Me ne vengono in mente quattro: coerenza, diversità, accoglienza e ascolto. Sono tutte cose che voi ragzzi chiedete a noi adulti e che allo stesso tempo ci insegnate».
Ed è proprio dai giovani che emergono le riflessioni più spontanee: «È un’esperienza che lascia il segno e che ci fa avvicinare sempre più alla Chiesa», ha affermato Ilaria.
«È stato un bell’evento che ha richiamato parecchia gente», ha continuato Lorenzo della parrocchia di Castelfranco.

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Il pellegrinaggio diocesano arriva a conclusione di un anno pastorale che è stato molto inteso, irripetibile, che verrà ricordato nella storia della chiesa di San Miniato come l’anno della Beatificazione del nostro Pio Alberto del Corona e dell’arrivo del vescovo Andrea, il più giovane d’ Italia.
A Roma, dunque, si arriva e si riparte, dopo aver attraversato la Porta Santa e aver visitato luoghi di misericordia concreta, verso una nuova stagione di cammino diocesano, che a settembre porterà nuove sfide e nuovi cambiamenti, con la volontà di camminare ancora tutti insieme.

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SAN MINIATO - La rappresentazione del "Martirio del Pastore" di Samuel Rovinski sul palcoscenico del Dramma Popolare di San Miniato, un’opera che com’è noto, tratteggia la figura del vescovo Oscar Romero, stimolerà, ne siamo certi, una nuova riflessione su quella che è stata la vicenda storica del Beato nel contesto politico e sociale degli anni Settanta in America Latina e, più in generale, nel mondo.
I fermenti del Vaticano II e la coincidenza con i primi passi di una rivoluzione dei costumi che, con la sua critica alle tradizioni, avrebbe sconvolto gli equilibri sociali e culturali della civiltà occidentale, segnavano una stagione, quella degli anni Settanta, di grande dibattito anche all’interno del mondo ecclesiale.

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DALLA DIOCESI - In occasione dell'Anno Santo della Misericordia la Diocesi di San Miniato organizza un pellegrinaggio a Roma con la partecipazione all'Udienza Generale di Papa Francesco, la visita alle basiliche papali di Santa Maria Maggiore e S.Paolo Fuori le Mura e, prima  volta per un pellegrinaggio diocesano, visita di luoghi, associazioni e comunità che lavorano a fianco di rifugiati, carcerati e senzatetto e che praticano quotidianamente la misericordia. Sarà un pellegrinaggio per conoscere i volti di misericordia del nostro tempo e visitare i luoghi di sofferenza e di incontro con gli "ultimi" della diocesi di Roma. Questo il senso del viaggio a Roma in calendario per  martedì e mercoledì prossimi, che vedrà coinvolti circa 300 pellegrini, guidati da mons. Vescovo.

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DALLA DIOCESI - A trent''anni dalla scomparsa, la diocesi ricorda il vescovo monsignor Paolo Ghizzoni spentosi l'11 giugno 1986, dopo essere arrivato nella chiesa cattedrale nel 1970.

Il compianto don Marrucci lo dipinse con queste parole: «La luce che brill sopra tutte sul candelabro di Paolo Ghizzoni Vescovo di San Miniato, fu senza dubbio la mitezza.
Lampeggiano ancora nella mente di tutti coloro che lo hanno conosciuto, o anche semplicemente incontrato, episodi, gesti, parole in cui questa virtù si esprimeva come un carattere connaturato.
Si può dire che tutto quanto il suo ministero nella nostra diocesi fu una interpretazione e anche una rappresentazione della beatitudine che in San Matteo recita proprio così: Beatii miti, perché erediteranno la terra... Paolo Vescovo fu un mite pastore.
Ed ora ci è dato di capire che questa sua qualità non connotava una debolezza... ma una forza. Questa forza che gli veniva proprio dalla
Lungimiranza che è la calibrata sintesi della intelligenza e della bontà. Lui le possedeva entrambe».

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LECCETO - "La Chiesa è costituzionalmente sinodale”, alla luce di queste parole di papa Francesco, il clero della diocesi di San Miniato si è riunito per la tradizionale “due giorni” di riflessione, confronto e preghiera. Il vescovo Andrea ha convocato i sacerdoti e i diaconi sanminiatesi all’eremo di Lecceto (Malmantile) gli scorsi 30 e 31 maggio. Al centro della meditazione e della discussione il tema delle unità pastorali e del “camminare insieme”, la sinodalità appunto.

Ad introdurre la riflessione è stato invitato don Dario Vitali, docente di Ecclesiologia e direttore del Dipartimento di Teologia dell’Università Gregoriana. Nella sua relazione, don Vitali ha sottolineato la “mutua interiorità” fra Chiesa universale e Chiesa particolare o locale (la Diocesi). Non c’è una precedenza della prima rispetto alla seconda: si tratta di due facce della stessa moneta.
Come definito dalla Costituzione dogmatica Sacrosanctum Concilium al n. 42, la manifestazione precipua della Chiesa si ha quando il popolo si riunisce nella Cattedrale intorno all’unico Altare, con il Vescovo, che è principio di unità della Chiesa particolare, e il suo Presbiterio. In questa dimensione territoriale devono radicarsi anche quelle realtà che, per loro natura, hanno un respiro universale, come gli Ordini religiosi e i Movimenti ecclesiali, ognuno con il proprio dono e carisma da condividere.

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DALLA DIOCESI - Marco Griffini, insieme alla moglie Irene Bertuzzi, è il fondatore dell’Ai.Bi (Amici dei bambini) un’associazione costituita da famiglie adottive e affidatarie che dal 1983 si occupa dell’infanzia abbandonata. Una sua conferenza, ci ha aperto gli occhi su una materia, quella delle adozioni nazionali e internazionali, che per anni è stata circondata dall’indifferenza più assoluta.
In Italia, su oltre 5 milioni di coppie coniugate senza figli soltanto 3800 si avvicinano alle adozioni internazionali e solo 10.000 nazionali. Questo è dovuto al disinteresse delle istituzioni per il tema dei minori abbandonati, denuncia Griffini: “in Italia, per esempio, sappiamo quante sono le essenze erboree, sappiamo quanti sono i cani abbandonati, ma non sappiamo quanti sono oggi in Italia i minori che vivono fuori famiglia”. Nonostante ci sia già una legge, la 149/2000 che prevedeva l’istituzione di una banca dati dei bambini abbandonati e siano stati già stanziati 800.000 euro dal Ministero della Giustizia per mettere in rete i dati dei Tribunali dei minori, questo lavoro non è stato fatto e non sappiamo quanti siano i bambini adottabili.
Una delle cause del basso numero di adozioni internazionali è poi quella economico: adottare un bambino abbandonato straniero oggi è carissimo. Con 60/70 milioni di euro annui si potrebbe dare la gratuità alle famiglie adottive. Ma questi soldi non sono mai stati stanziati.
La legge italiana sulle adozioni, la 476/1998, prevede una gestione totalmente democratica dell’adozione internazionale. E’ prevista una commissione specifica composta da 23 membri con un presidente che è sempre stato il Ministro della Famiglia, o con delega alla Famiglia, un vice-presidente, un direttore generale e due dirigenti. Sta di fatto che negli ultimi due anni la commissione non si è mai riunita. I ruoli di presidente e vice-presidente sono stati assommati nello stesso soggetto (che quindi è il controllore di se stesso) e gli altri ruoli sono rimasti vacanti. Di fatto, conclude Griffini, da due anni siamo governati da una sola persona. Ultimamente è stata nominata presidente della Commissione per le adozioni la ministra Boschi. E’ un’anomalia, dato che la delega alla Famiglia è stata data a un altro ministro, Enrico Costa. Qualcuno dice che la nomina della Boschi esprima la volontà di portare in commissione il tema delle adozioni LGBT. Ma vogliamo essere positivi e leggere in questa nomina del braccio destro del Presidente del Consiglio un segnale d’attenzione al tema delle adozioni.
Infine, un’attenzione particolare dovrebbe essere riservata ai soggetti più deboli dell’emergenza profughi: i bambini che arrivano sui barconi.
Ad oggi si contano 2000 richieste di adozioni per questi bambini. Finora ne sono state portate a compimento soltanto 27. Evidentemente si preferisce tenere i bambini nei centri di prima accoglienza, dove però metà di loro sparisce nel nulla.

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DALLA DIOCESI - I migranti non sono un pericolo, sono in pericolo”, lo ha detto Papa Francesco e noi giovani del Parlamento degli Studenti della Toscana abbiamo voluto toccare con mano cosa sta succedendo ai “confini dell’accoglienza” guardando i visi e gli occhi di quelle persone che lottano, al costo della vita, per un futuro libero e di pace. Niente di più. Siamo andati, aderendo al viaggio della Croce Viola di Sesto F.no e Anpas Toscana a Idomeni, al confine tra Grecia e Macedonia. Sono più di 6.000 gli sfollati in quei campi a cielo aperto con delle tende montate lì al momento. Giriamo il campo e troviamo tante persone, non parlano molto al primo impatto. Nel campo scorrazzano bambini, qua e là, come se giocassero a nascondino e tra le tende ci fanno strada per portarci dove vivono, presentarci i genitori e fare qualche gioco.

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